Khieu Samphan, capo di Stato dei Khmer rossi, accusato di genocidio
Per il tribunale internazionale delle Nazioni Unite è responsabile del massacro dei vietnamiti e della minoranza musulmana Cham. Insieme a Ieng Sary e Nuon Chea deve già rispondere di crimini di guerra e contro l’umanità. L’inizio del processo previsto per il 2011.
Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) – Il tribunale internazionale Onu ha incriminato per genocidio Khieu Samphan, ex capo di Stato cambogiano durante la dittatura dei Khmer rossi. Dovranno rispondere della medesima accusa altre due figure di primo piano del regime: Ieng Sary, 83 anni ed ex Ministro degli esteri e Nuon Chea, 82 anni, ideologo del regime e soprannominato “fratello numero 2”. Pol Pot, il sanguinario dittatore conosciuto come “fratello numero 1” è morto il 15 aprile del 1998, senza aver mai risposto delle atrocità commesse.
 
Lars Olsen, portavoce del tribunale, ha spiegato che Khieu Samphan, 78 anni, è stato “condotto davanti alla Corte” e informato che gli addebiti a suo carico “comprendono anche l’accusa di genocidio contro i vietnamiti e [la minoranza musulmana] dei Cham”.
 
In precedenza Khieu Samphan (nella foto), Ieng Sary e Nuon Chea erano stati accusati di “crimini di guerra” e di “crimini contro l’umanità”. Essi sono già sottoposti al regime di custodia cautelare; l’inizio del processo è previsto per il 2011.
 
L’ex capo di Stato dei Khmer rossi non ha mai negato le morti avvenute sotto il regime. Ma, secondo la linea difensiva concordata con il legale, egli insiste che proprio per la carica ricoperta non è “direttamente” responsabile dei massacri. L’avvocato di Samphan è il francese Jacques Verges, 83 anni, che in passato ha perorato la causa di criminali nazisti come Klaus Barbie. Entrambi si conoscono fin dagli anni ’50 del secolo scorso, durante gli esordi dei movimenti giovanili di sinistra in Francia.
 
Il mese scorso il tribunale delle Nazioni Unite ha chiesto 40 anni di galera per Kaing Guek Eav, meglio noto come compagno Duch, capo della famigerata prigione S-21, responsabile della morte di più di 17mila cambogiani fra il 1975 e il 1979.
 
Egli è il solo leader khmer rosso ad aver ammesso le proprie responsabilità per le atrocità commesse dal regime di Pol Pot, che in quattro anni di feroce dittatura ha sterminato quasi due milioni di persone. Convertito al cristianesimo, per i crimini commessi ha chiesto perdono alle proprie vittime e ai loro parenti. La sentenza è prevista nelle prime settimane del 2010.