Si allungano i tempi per l’accordo di libero scambio fra Cina e Taiwan
I negoziatori firmano altri tre contratti di cooperazione economica – industriale, agricola e ittica – ma rimandano l’accordo completo alla seconda metà del 2010. Continuano sull’isola le proteste per la scelta di legarsi a Pechino.
Taichung (AsiaNews/Agenzie) – Un patto per la cooperazione industriale, agricola e ittica fra la Cina continentale e Taiwan, ma ancora tempo per il pieno Accordo di cooperazione economica. È quanto hanno deciso i negoziatori dei due lati dello stretto nel corso del quarto Incontro bilaterale per i rapporti fra i due lati dello Stretto. Protetti da soldati e filo spinato, per tenere lontano i contestatori, i diplomatici di Pechino e Taipei si sono anche accordati per un nuovo piano di tassazione, saltato però all’ultimo momento.
 
Zheng Lizhong, vice presidente dell’Associazione cinese per le relazioni sullo Stretto, dice: “L’accordo ha creato un’agenda veramente importante di argomenti che tratteremo nel prossimo incontro, previsto per la seconda metà del 2010”. Con i tre firmati ieri, salgono a dodici i contratti di cooperazione economica firmati dalle due parti sin dal giugno del 2008, un mese dopo la presa di potere da parte del nuovo presidente, il nazionalista Ma Ying-jeou.
 
È stato proprio l’ex sindaco di Taipei, che ha riportato in auge il Kuomintang dopo otto anni di presidenza democratica, a spingere per riaprire i colloqui con la Cina continentale. Tuttavia, le ultime elezioni amministrative e le vibrate proteste contro la delegazione cinese hanno convinto l’esecutivo a un ripensamento sulla questione. La popolazione taiwanese teme infatti l’eccessiva dipendenza da Pechino, che potrebbe portare a una perdita di sovranità nazionale.
 
Le proteste sono continuate per tutta la durata del meeting. Davanti all’hotel Windsor, dove si sono svolti i colloqui, si sono riuniti per quattro giorni decine di migliaia di persone. Particolarmente attivi i membri del gruppo indipendentista e gli aderenti al Falun Gong, che hanno denunciato la Cina per la brutale repressione su tutto il suo territorio del movimento spirituale.