Papa: A s. Stefano, ricordiamo i tanti credenti sottoposti a prove e sofferenze a causa della fede
Benedetto XVI mette in luce le prove e le sofferenze dei credenti i molte parti del mondo. In Asia in almeno 32 Paesi (su 52) i cristiani soffrono persecuzioni o limitazioni alla loro missione. Stefano mostra anche l’inizio della civiltà dell’amore, che perdona i persecutori, e che “non si arrende di fronte al male”. L’impegno per i poveri, vissuto da santo Stefano, è anch’esso una via privilegiata per testimoniare il Vangelo.

Città del Vaticano (AsiaNews) – La festa di santo Stefano, il primo martire della Chiesa, che si festeggia il giorno dopo il Natale, “ci ricorda… i tanti credenti, che in varie parti del mondo, sono sottoposti a prove e sofferenze a causa della loro fede”. Così Benedetto XVI all’Angelus in piazza san Pietro di oggi, tutta addobbata per le celebrazioni natalizie, con il grande presepio e il gigantesco albero di Natale.

 Il papa non ha citato alcun Paese in particolare, ma ieri alla benedizione Urbi et Orbi ha parlato delle difficoltà vissute dai cristiani e dalle popolazioni in Terra Santa, Iraq, Sri Lanka, penisola coreana, Congo e America Latina.

 In Asia, su 52 Paesi, almeno 32 limitano in qualche modo la missione dei cristiani: i paesi dell'Islam (dal Medio oriente al Pakistan, all'Indonesia, alla Malaysia) mettono difficoltà a chi vuole convertirsi; India e Sri Lanka spingono sempre di più per leggi anti-conversione; i Paesi dell'Asia centrale – escluso forse il Kazakistan – limitano la libertà religiosa; i Paesi comunisti (Cina, Laos, Vietnam, Nord Corea) soffocano o addirittura perseguitano la Chiesa.

 Il pontefice ha continuato chiedendo a tutti i cristiani di affidare i fratelli perseguitati alla protezione di santo Stefano. “Impegniamoci – ha detto - a sostenerli con la preghiera e a non venir mai meno alla nostra vocazione cristiana, ponendo sempre al centro della nostra vita Gesù Cristo, che in questi giorni contempliamo nella semplicità e nell’umiltà del presepe”.

 Ma la celebrazione del martirio di santo Stefano, non è solo un ricordo della violenza. Stefano, “come il suo Maestro, muore perdonando i propri persecutori e ci fa comprendere come l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo dia origine ad una nuova civiltà, la civiltà dell’amore, che non si arrende di fronte al male e alla violenza e abbatte le barriere tra gli uomini, rendendoli fratelli nella grande famiglia dei figli di Dio”.

 In più, il papa ricorda che Stefano è uno dei primi diaconi, fattosi “servo dei poveri”, nella distribuzione di aiuti ai poveri di Gerusalemme. Per questo, conclude Benedetto XVI, “la testimonianza di Stefano, come quella dei martiri cristiani, indica ai nostri contemporanei spesso distratti e disorientati, su chi debbano porre la propria fiducia per dar senso alla vita. Il martire, infatti, è colui che muore con la certezza di sapersi amato da Dio e, nulla anteponendo all’amore di Cristo, sa di aver scelto la parte migliore. Configurandosi pienamente alla morte di Cristo, è consapevole di essere germe fecondo di vita e di aprire nel mondo sentieri di pace e di speranza. Oggi, presentandoci il diacono Santo Stefano come modello, la Chiesa ci indica, altresì, nell’accoglienza e nell’amore verso i poveri, una delle vie privilegiate per vivere il Vangelo e testimoniare agli uomini in modo credibile il Regno di Dio che viene”.