Predicare il Vangelo ai ribelli comunisti delle Filippine
di Santosh Digal
Povertà, disoccupazione e corruzione dei militari spingono ancora molti contadini ad appoggiare i ribelli comunisti del New People’s Army, nonostante l’amnistia del 2007 e i programmi di inserimento e sviluppo dei guerriglieri proposti dal governo. Un sacerdote invita il governo a coltivare la fede di questa gente per condurli sulla via della pace.

Manila (AsiaNews) – “I ribelli comunisti hanno bisogno di una nuova evangelizzazione per essere reinseriti nella società”. È quanto afferma p. Salvador Nocomora dell’arcidiocesi di Manila. “Molti di loro - continua – sono cristiani e sono entrati nelle file dei ribelli per la povertà e la disoccupazione presente nelle aree rurali”.

La guerriglia tra esercito filippino e ribelli comunisti del New People’s Army, braccio armato del Partito comunista filippino (Cpp), dura dal 1968. Essa ha provocato migliaia di morti e distrutto l’economia nelle aree rurali delle regioni centrali del Paese. Il 5 settembre 2007  la presidente Arroyo ha indetto un’amnistia per i membri della Npa e dato il via al Programma di integrazione sociale per gli ex ribelli. A tutt’oggi fanno ancora parte dell’Npa circa 4.500 guerriglieri. I villaggi controllati dai ribelli sono invece 1.301. Questi sono concentrati soprattutto nelle province di Marinduque, Bohol, Romblon, Lyte e Misamis, tutte situate nell’arcipelago di Visayas (Filippine centrali).

Celeste Frank Sayson, portavoce dell’esercito filippino afferma: “Oggi le nuove reclute sono soprattutto minori. Molti veterani hanno fatto ritorno nelle proprie case accettando il programma di integrazione sociale proposto dal governo”. Il programma prevede nei prossimi sei mesi lo sviluppo delle aree rurali, quali la costruzione di scuole, strade e aziende agricole. 

Secondo p. Nocomora  i programmi di sviluppo e integrazione proposti dal governo sono un fallimento è ciò dovuto anche alla poca evangelizzazione della popolazione rurale e alla corruzione dei militari. Per questo sono ancora molti i giovani che entrano nelle file dei ribelli. “Dobbiamo coltivare la fede di questa gente – aggiunge p. Nocomora – grazie alla fede essi potrebbero comprendere che la pace è migliore della lotta armata”.