Moussavi “pronto a morire”, ma l’Onda verde chiede la fine di Khamenei
di Layla Yousif Rahema
I leader del movimento di opposizione faticano a stare al passo con le pressioni della base. Moussavi chiede solo riforme politiche, all’interno della Repubblica islamica. L’Onda verde vuole la fine della dittatura. Giallo sulla presenza di Moussavi e Karroubi a Teheran. Ahmadinejad sempre più duro.
Teheran (AsiaNews) – Mir Hossein Moussavi l’ex candidato riformista nelle ultime presidenziali, si è detto “pronto a morire per le richieste del popolo”. Rimasto in silenzio nei giorni dei sanguinosi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza durante la festività dell’Ashura, il leader dell’Onda Verde torna a farsi sentire, lanciando messaggi ieri e il 31 su Twitter e il web. Ma il popolo delle proteste di Teheran da settimane urla “morte al dittatore” (Khamenei). Le sue richieste sono molto più radicali di quelle avanzate dai leader riformisti, che ormai faticano, tra controlli e intimidazioni del regime, a condurre un movimento diventato più grande di loro.
 
Mentre è ancora giallo sulla partenza dalla capitale di Moussavi e l’altro simbolo dell’Onda, Mehdi Karroubi, sul suo sito Internet il primo ha dichiarato ieri: “Non ho paura di morire per le richieste del popolo... l’Iran è in una grave crisi... la risposta dura provocherà una sollevazione interna”. Ha inoltre aggiunto che il governo “deve assumersi le sue responsabilità per i problemi che ha creato nel Paese, deve liberare i prigionieri politici, cambiare la legge elettorale e riconoscere il diritto del popolo a manifestare”.
 
Come all’inizio del movimento di protesta a giugno, Moussavi chiede progressi democratici, ma senza mettere in discussione l’assetto attuale della Repubblica islamica, la dittatura religiosa degli ayatollah, di cui entrambi gli ex sfidanti di Ahmadinejad fanno parte: l’uno come ex ministro; l’altro (Karroubi) come membro dell’establishment religioso sciita.
 
La gente non grida più solo contro i brogli, bensì “morte a Khamenei”, uno slogan mai pronunciato da nessuno dei due riformisti. Già da alcune settimane su Twitter e nei blog circolano commenti come “Moussavi, questo è il momento di agire, devi condurci e fare il prossimo passo”, “Quando deciderai di combattere veramente?”.
 
Le proteste antigovernative in Iran sono scoppiate dopo le controverse elezioni presidenziali del 12 giugno, che hanno portato alla rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad, e hanno provocato la più grave crisi interna nei 30 anni di storia della Repubblica islamica. I leader dell'opposizione sostengono che il voto sia stato corrotto dai brogli, ma il governo respinge l’accusa. Le autorità hanno intensificato la repressione dell'opposizione dallo scorso 27 dicembre, quando otto persone, tra cui il nipote di Moussavi, sono state uccise nelle proteste a Teheran.
 
La comunità internazionale continua a rivolgere appelli ad Ahmadinejad e alle istituzioni iraniane per fermare la repressione, ma gli ultimi avvertimenti del presidente iraniano all’opposizione non lasciano ben sperare: “Non vi servirà neppure il pentimento”.