Economia cinese: tutte le trappole per il 2010
Bolla immobiliare e inflazione rischiano di rendere inutili gli enormi aiuti statali all’economia interna. Che nell’anno in corso dovrebbe crescere del 16 %. Nella prima settimana di gennaio, il governo ha concesso 60 miliardi di euro in prestiti alle aziende.
Pechino (AsiaNews) – L’economia cinese, nonostante una crescita prevista del 16 %, potrebbe affrontare un anno durissimo dal punto di vista finanziario. Il rischio è che esploda la bolla relativa alle proprietà immobiliari e che aumenti in maniera vertiginosa l’inflazione, facendo così decollare il costo della vita. Lo dicono due ricercatori proprio del governo cinese, Yao Zhizhong e He Fan, che in un articolo sull’organo ufficiale China Securities Journal avvertono: “Se il governo continua a immettere stimoli economici pari a quelli del 2009, l’anno appena iniziato sarà molto pericoloso”.
 
I pericoli principali riguardano l’inflazione, in rapida crescita dopo l’immissione di troppo denaro contante da parte di Pechino, e la bolla immobiliare. Se questa dovesse esplodere, l’economia reale del Paese – considerando tutto l’indotto collegato alla produzione edile – ne risentirebbe fortemente, con conseguente aumento della disoccupazione e lo stop del settore.
 
L’allarme dei due economisti nasce dai prestiti bancari concessi dalla Cina nella prima settimana di gennaio, per un valore totale di 600 miliardi di yuan (circa 60 miliardi di euro). Ovviamente, la cifra nasce dello sblocco dei fondi delle richieste presentate alla fine del 2009, ma rappresenta comunque un introito valutario estremamente ampio. I prestiti sono confermati sempre dal China Securities Journal, che cita come fonte Ba Shusong, vice direttore dell’Istituto di finanza del Consiglio di sviluppo statale.
 
Per cercare di evitare troppi danni, il governo centrale ha emesso una nuova direttiva che cerca di impedire l’eccessiva crescita del prezzo delle case e l’immissione in quel circuito di denaro proveniente dalla malavita. I prezzi delle abitazioni in 70 città di media e grande statura sono cresciuti del 5,7 % rispetto a un anno fa. Questo mette fuori gioco i poveri, la stragrande maggioranza della popolazione, che senza una casa non può fare altro che ritornare nelle campagne. Bloccando di fatto la produzione industriale, di cui i migranti interni sono il motore.
 
Secondo i due economisti, Pechino dovrebbe dunque limitare gli stimoli. Una loro ricerca dimostra infatti che, con aiuti “moderati”, l’economia potrebbe crescere dell’11,6 %; un ritiro completo delle misure centrali porterebbe invece il dato al 7,7 %. La crescita economica della Cina, lo scorso anno, si è assestata sull’8,5 %, nonostante la pesantissima crisi finanziaria internazionale.
 
Il ministro cinese delle Finanze, Xie Xuren, non è d’accordo. Nel corso di un incontro che si è svolto ieri, il politico ha infatti definito “pericoloso” interrompere troppo presto le politiche di sostegno all’economia. Secondo Xie, tuttavia, le misure “dovrebbero aiutare a implementare il consumo interno dei nostri prodotti”. All’atto pratico, ha concluso il ministro, “dovremmo agire per aumentare i salari, in particolar modo quelli degli operai e dei contadini; riformare le politiche di tassazione e continuare a spendere per i lavori pubblici, come scuole e ospedali”.