Elezioni presidenziali per dare una nuova direzione allo Sri Lanka
di Melani Manel Perera
Il 26 gennaio si vota per il presidente. La campagna elettorale vede abusi e soprusi, soprattutto da parte del presidente uscente. Tre esperti spiegano ad AsiaNews problemi e prospettive. E una convinzione: che queste possano essere elezioni decisive per il futuro del Paese.

Colombo (AsiaNews) – Ventidue candidati concorreranno per la presidenza dello Stato nelle elezioni del 26 gennaio. Ma la campagna elettorale vede attivi soprattutto i due principali candidati, con toni accesi. Tre esperti e attivisti per i diritti umani parlano ad AsiaNews della difficile situazione e delle prospettive.

Il presidente uscente Mahinda Rajapaksa, candidato del partito di governo United People’s Freedom Alliance ed ex comandante dell’esercito, si dice sicuro della propria rielezione, tanto da aver convocato il voto prima della scadenza naturale del suo mandato nel 2011. Svolge una campagna elettorale capillare che usa ogni metodo pubblicitario, quali manifesti, volantini, media e manifestazioni di massa, per inculcare nelle menti che è il solo salvatore del Paese e l’unico che può essere l’ultimo re dello Sri Lanka.

Molti lo accusano di utilizzare per la campagna anche mezzi statali. Al punto che il preposto buddista del Malwathu Chapter, Sri Sumangala Thero, lo ha ammonito di non impedire le campagne degli altri candidati.

L’unico vero oppositore appare il generale Sarath Fonseka, ex comandante dell’esercito, sostenuto da diversi partiti d’opposizione.

Il sacerdote cattolico Reid Shelton Fernando ritiene “la situazione molto volatile. Negli ultimi decenni le elezioni nello Sri Lanka hanno visto di frequente scambi di cassette elettorali, cancellazioni di nomi dai registri elettorali, un diffuso abuso dei media, violenze e discriminazioni contro i candidati d’opposizione”. “Anche se la Chiesa cattolica non si coinvolge nelle lotte tra partiti, deve intervenire quando sia in gioco la dignità della persona e il bene comune e deve richiamare i politici ad agire in modo corretto”. “E’ triste che nella campagna elettorale ci siano abusi dei media e soprusi. Le promesse di costruire una migliore Nazione già appaiono meri slogan. Comunque i leader cristiani si devono mantenere indipendenti in queste dispute e liberi da ogni affiliazione partitica”.

L’attivista prodiritti Nimalka Fernando spiega ad AsiaNews che “per parecchi mesi, durante l’escalation della guerra e la progressiva sconfitta delle Tigri Tamil, il governo ha montato una campagna per reprimere il dissenso. La repressione colpisce anche i media e l’assassinio di Lasantha nel 2009 è un chiaro esempio di questo brutale potere politico. Ma ora le elezioni danno alla gente la possibilità per un cambiamento, c’è un fervore diffuso e la gente ha il coraggio di parlare. Anche se i sostenitori del governo hanno aggredito attivisti dell’opposizione e i loro cortei e abusano dei media pubblici in violazione delle leggi.”

“Si sono formate nuove coalizioni che lottano per la democrazia, questo è un buon segno per il futuro del Paese”.

Il dottor Jehan Perera osserva che “queste elezioni promettono di essere decisive come le elezioni generali del 1977, nel dare una nuova direzione al Paese. Allora l’elettorato scelse un’economia di mercato, con migliori rapporti con gli Stati occidentali, e rifiutò un sistema economico centralizzato dominato dallo Stato sul modello dei Paesi socialisti. Questa scelta ha superato la prova del tempo, nonostante periodici problemi sul compito dello Stato su questioni sociali come la tutela del lavoro.”

“Anche queste elezioni offrono alla popolazione una scelta storica, tra il mantenimento della linea politica del presidente uscente Rajapaksa e la promessa di cambiamenti radicali fatta dal principale oppositore il generale Sarath Fonseka”.

“Nei 4 anni di presidenza, Rajapaksa ha governato con sentimenti nazionalisti, valorizzando il glorioso passato del Paese e l’importanza della sua indipendenza dalla dominazione straniera. Il suo governo ha criticato le ipocrisie degli Stati occidentali e ha compiuto scelte allineate con Paesi non occidentali come Cina, Iran e Myanmar”. “Da parte sua, il generale Fonseka promette di essere meno ideologico e più pragmatico e pone come priorità la lotta alla corruzione e al nepotismo e una maggiore attenzione al rispetto dei diritti umani e al buon governo. Io vedo, quindi, una contrapposizione tra il riferimento al passato e le prospettive di progresso che devono essere perseguite in ogni settore”.