Una guerra tra poveri la ricerca di lavoro dei migranti uzbeki in Kirghizistan
Vengono come stagionali da marzo a novembre, accettano qualsiasi lavoro per salari minimi, a volte non sono pagati, ma sono clandestini e non possono protestare. Ma il lavoro è comunque poco e gli operai kirghisi lamentano che così rimane basso il prezzo della mano d’opera. Il pericolo di tensioni interetniche.

Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – La crisi finanziaria globale ha devastato le economie di vari Stati dell’Asia centrale. In Uzbekistan c’è tale mancanza di lavoro che una grande quantità di lavoratori non qualificati emigra nel confinante Kirghizistan, per contendere i posti di lavoro ai molti kirghisi disoccupati.

Ogni primavera i lavoratori uzbeki, detti “mardikerlar” (“lavoratori giornalieri”), vengono in Kirghizistan, soprattutto nel sud del Paese, per cercare lavori occasionali, accettando paghe minime. Fanno concorrenza ai molti disoccupati kirghisi, perché accettano paghe inferiori, in una vera guerra tra poveri per sopravvivere. Trovano lavoro come stagionali nei campi, o nel settore edile o per fare mattoni. Sono clandestini, perché gli accordi tra i due Stati permettono di lavorare senza autorizzazione per non più di 60 giorni.

Molti datori di lavoro preferiscono gli stagionali uzbeki che accettano paghe minime, lavori occasionali e non fanno proteste. Uno di loro, intervistato dall’agenzia Eurasianet, riferisce che paga i migranti uzbeki intorno a un som (circa 2 centesimi di dollaro) per ogni 2 mattoni fatti, mentre i kirghisi gli costano il doppio. In inverno c’è poco lavoro e a novembre i migranti tornano al loro Paese, in attesa della primavera. I migranti lamentano che talvolta non ricevono l’intera paga ma non possono protestare, perché sono clandestini che la polizia può cacciare in ogni momento.

Azimjan Askarov, capo di Vozdukh, gruppo privato di Jalalabad per la difesa dei diritti umani, spiega che “gli operai uzbeki accettano i lavori più duri. Pochi kirghisi vogliono lavorare nei campi sotto un sole cocente”. I migranti kirghisi preferiscono andare in Russia, perché sono pagati meglio e conoscono bene il russo, studiato a scuola, mentre molti uzbeki lo conoscono male.

Ma il lavoro è comunque poco e i migranti tengono basso il costo della mano d’opera non qualificata. Per cui esperti temono che possano scoppiate tensioni interetniche con i disoccupati kirghisi, con scontri di piazza come quelli avvenuti proprio qui nella regione di Osh alla fine degli anni ’80-inizio ’90 dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Intanto il governo del presidente uzbeko Islam Karimov dice che l’economia del Paese è in ripresa. Ma gli esperti ritengono che le statistiche ufficiali sul Prodotto interno lordo e la disoccupazione siano manipolate. Alla fine del 2009 l’agenzia Standard & Poor ha retrocesso l’Uzbekistan tra i Paesi a rischio elevatissimo. La statunitense Fondazione Heritage pone Tashkent al 158° posto su 179 Paesi e parla di economia bloccata. Il Kirghizistan è all’80° posto con un’economia “libera in misura moderata”.