Pechino, la Corte Suprema chiede di limitare la pena di morte
Il massimo grado di giudizio cinese è dal 2007 l’unico organismo a poter condannare a morte i criminali, su proposta dei tribunali minori. Oggi chiede “giustizia temperata dalla compassione” e invita e pronunciare meno sentenze capitali. In Cina, ogni anno, avviene il 90 % delle esecuzioni mondiali.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Corte Suprema cinese torna sulla questione della pena di morte e chiede ai tribunali locali di “limitarla”. Lo riporta l’agenzia di stampa governativa Xinhua, secondo cui i giudici della massima istanza giudiziaria cinese hanno chiesto ai colleghi di “trattare i casi che prevedono la massima pena con giustizia, temperata dalla compassione”.

La Corte ha poi sottolineato che “la pena di morte dovrebbe essere riservata a una stretta minoranza di criminali”. La Cina da sola esegue il 90% delle pene capitali in tutto il mondo. Nel 2008, secondo stime ufficiali, vi sono state 4 mila condanne a morte e 1.770 esecuzioni: alcuni attivisti per i diritti umani ne denunciano invece che sono state “almeno il doppio”.

Una conferma di questi dati non ufficiali si è avuta in occasione dell'Assemblea nazionale del popolo del 2006, quando Chen Zhonglin (uno dei delegati) ha detto che la Cina mette a morte “circa 10 mila persone” l'anno, ma ha aggiunto che la politica di Pechino impone di considerare un “segreto di Stato” i dati ufficiali sull'argomento.

La pena di morte in Cina è prevista per i crimini definiti "più gravi", che comprendono però anche  la corruzione e numerosi altri reati non violenti. Una volta arrestato, l'imputato non ha pieno diritto all'assistenza legale immediata: ciò avviene, solitamente, al termine degli interrogatori condotti dalla polizia e anche in questo caso tale diritto viene spesso negato o limitato.

Spesso durante i primi interrogatori la persona arrestata viene torturata e costretta a "confessare" il reato. La "confessione" può così essere usata in tribunale e determinare la condanna a morte. In violazione degli standard internazionali, la legge cinese non prevede la presunzione di innocenza.

Per cercare di fermare questa strage, a volte deplorata persino dal governo centrale, è scesa in campo proprio la Corte Suprema. Questa, nel 2007, ha deciso di avocare a sé il diritto esclusivo di comminare la pena di morte: da allora, infatti, i tribunali minori sono costretti a sottoporre al giudizio di Pechino la proposta di condannare al patibolo i presunti colpevoli.