Petrolio: per l'Asia il pericolo è l'inflazione

Shanghai (AsiaNews/Ap) – In Asia, l'aumento del costo del petrolio - ormai oltre i 55 dollari a barile - sta prosciugando i portafogli dei consumatori e le casse degli stati. I governi asiatici spendono miliardi di dollari in sussidi alle compagnie importatrici di petrolio per cercare di contenere i prezzi dei carburanti. Anche per paesi esportatori come Malaysia e Indonesia le spese statali per i sussidi vanificano i guadagni dovuti all'escalation dei costi dell'oro nero. I consumatori asiatici sono più sensibili al problema di altre regioni: di norma pagano il prezzo aggiuntivo di 1 dollaro a barile sul greggio proveniente dal Medio Oriente. La sfida più grande ora è quella contro l'inflazione e le sue ripercussioni sulla società.

Il presidente Gloria Macapagal Arroyo ha dichiarato che le Filippine sono in una "grave crisi economica"; per contenere le spese di carburante ha vietato l'uso delle auto governative per scopi extra lavorativi e ha incoraggiato gli automobilisti al car sharing (l'uso comune di una vettura).

In India, la compagnia petrolifera di stato prevede di spendere, per quest'anno, il doppio del 2003 in importazioni di petrolio. La spesa si aggira sui 27 miliardi di dollari Usa.

In Indonesia la popolazione sta lamentando l'aumento del kerosene, utilizzato dalla fascia più povera, per cucinare. La produzione petrolifera nel paese è rimasta stazionaria, mentre sono cresciute le importazioni di derivati del petrolio; quest'anno, Jakarta ha quadruplicato gli stanziamenti per i sussidi petroliferi.

In Corea del Sud, per risparmiare il consumo di diesel, il governo ha ordinato alle truppe schierate lungo il confine con il Nord di contenere le manovre di spostamento. Il mese scorso, l'aumento del costo di diesel, gasolio e gas per cucinare hanno suscitato violente proteste in Nepal.

In Thailandia, il governo ha ordinato ai supermercati e ai distributori di chiudere prima per conservare le scorte di carburante.

Il Giappone, il paese asiatico con l'economia più sviluppata, dipende sempre di più dal greggio, ma dopo la crisi degli anni '70 ha imparato a pianificare meglio i consumi energetici.

In Cina, il secondo importatore mondiale dopo gli Usa, i sintomi della crisi petrolifera tra la gente sono contenuti, al di là di razionamenti energetici e black-out. Grazie alla politica statale del contenimento dei prezzi del gasolio, gli automobilisti cinesi pagano solo un terzo di quello che devono spendere i sud coreani. Per soddisfare la sua crescente sete di petrolio Pechino dichiara di essere impegnata nel risparmio e nello sviluppo energetico nazionale.