P. Chellan: “L’amore di Cristo supera il Calvario, anche in Orissa”
di Nirmala Carvalho
Il sacerdote, vittima del pogrom anti-cristiano del 2008, parla della Pasqua e dei misteri che include: “Dobbiamo accettare con fiducia e amore la croce che abbiamo sulle spalle”. La nostalgia per il distretto dove è stato assalito e la missione che lo lega al suo gregge.

Mumbai (AsiaNews) – L’amore “è sacrificio, e sacrificarsi per amore è una gioia che include sofferenza. Ma questa è l’unica strada: oltre la Croce non c’è nulla, ed è sopra la Croce che noi proviamo quella gioia che è vera e duratura. La mia prova si è svolta nel distretto di Kandhamal, altri hanno avuto altre esperienze, ma è il Calvario che trasforma la debolezza umana nella forza di Dio”. Lo dice ad AsiaNews p. Thomas Chellan, vittima del pogrom anti-cristiano dell’Orissa, che parla della situazione dei fedeli di quello Stato.

Padre Thomas Chellan, 58 anni, era direttore del Centro pastorale Divyajyoti, della diocesi di Cuttack- Bhubaneshwar. Il 25 agosto 2008, due giorni dopo il lancio del pogrom contro i cristiani, un gruppo di circa 50 estremisti indù lo ha picchiato, ferito, denudato, usando bastoni, piedi di porco, asce e lance.  Con lui, anche una suora ha subito le stesse violenze, forse anche più brutali. Entrambi hanno rischiato di essere bruciati, cosparsi di benzina. Solo alla fine sono stati soccorsi dalla polizia, che sembrava connivente con la folla violenta.

Il sistema giudiziario e quello politico, tuttavia, hanno di fatto ignorato i colpevoli dei ripetuti attacchi avvenuti contro la comunità cristiana e hanno emesso sentenze estremamente leggere (due anni di galera) contro gli unici due ritenuti colpevoli. Altri dieci imputati sono stati rilasciati, mentre suor Meena – coinvolta in un’accusa di stupro - è stata trasferita dal distretto dopo undici mesi di vessazioni.

L’amore, spiega il sacerdote, “non reclama diritti. Esiste per servire, come ci ha insegnato per primo Gesù. Per i sacerdoti, i missionari o anche i laici, il Calvario può essere trovato ovunque ci si trovi. E quando rispondiamo al Suo invito, seguire le Sue orme e imitarLo, allora troviamo la vera vita. Nella nostra situazione, per quanto possa sembrare deplorabile, dobbiamo accettare il Calvario e percorrerlo. Ed ecco che la nostra croce assume un pieno significato”.

Per quanto riguarda la situazione della giustizia nel distretto che lo ha visto perseguitato, p. Chellan dice: “Certo, sono scoraggiato quando qualunque persona – in qualunque parte dell’India – non trova giustizia neanche dopo undici mesi. Nel caso di suor Meena, ad esempio, i tempi si allungano e ancora non sappiamo quanto ci vorrà. Ma è in questi momenti che trovo consolazione dalla Croce, dal perdono che Cristo ha dato e dalla Vergine, il dono che Gesù ha fatto all’umanità. È in Maria che troviamo la forza per camminare sulle orme del Figlio”.

Al momento, il sacerdote si trova per motivi di salute e di cause legali fuori dallo Stato: “Mi manca il mio gregge. Anche se qui sono tutte brave persone sento la nostalgia di Kandhamal, soprattutto in questi giorni pasquali: qui sono uno straniero. Sono costretto a rimanere qui, ma il mio cuore è con il mio popolo e la mia missione. L’unica via è quella che passa attraverso Gesù e il Suo Calvario. La Passione di Cristo non è una via di dolore, ma una strada di speranza”.