L’India del diritto allo studio per i ragazzi da 6 a 14 anni e qualche dubbio per le minoranze
di Nirmala Carvalho
Il 1° aprile è entrata in vigore la nuova legge che prevede la scuola obbligatoria e gratuita per tutti. Le scuole private dovranno riservare il 25% dei posti ad alunni poveri. I commenti del vescovo D’Souza e dell’attivista pro-diritti Lenin Raguvanshi.
New Delhi (AsiaNews) – Storica riforma in India il 1° aprile, con l’entrata in vigore del Right of Children to Free and Compulsory Education Act, che prevede la scuola obbligatoria e gratuita per tutti i ragazzi dai 6 ai 14 anni. Mons. D’Souza commenta la riforma e spiega cosa vada ancora migliorato.
 
Con la nuova legge, le scuole pubbliche saranno aperte a tutti gli scolari e gestite da un apposito Comitato, mentre le scuole private dovranno garantire almeno il 25% dei posti ad alunni non in grado di pagare. Inoltre le scuole dovranno coprire l’intero territorio, per rendere effettivo il diritto allo studio, e le scuole elementari dovranno essere non più distanti di un chilometro dal centro abitato di almeno 300 persone, mentre le scuole superiori dovranno essere entro un raggio di 3 km. E’ anche previsto che gli alunni delle diverse classi sociali e caste frequentino le stesse classi, evitando qualsiasi forma di “ghettizzazione”.
 
Nel Paese ci sono quasi 220 milioni di ragazzi in questa fascia di età e le stime ufficiali parlano di circa il 4,6% (circa 9,2 milioni) che non frequenta la scuola. Ora i Comitati scolastici dovranno individuarli e farli tornare a scuola. Per chi ha già superato i 6 anni saranno create classi speciali di recupero. Per attuare la legge il governo prevede una spesa di oltre 17mila miliardi di rupie nei prossimi 5 anni, anche per dotare di adeguate strutture e docenti molte scuole più isolate. Nel Paese non sono mancate reazioni avverse e alcune scuole private hanno impugnato la legge avanti alla Corte Suprema dicendo che è “incostituzionale” e che viola i diritti degli istituti privati.
 
Mons. Albert D’Souza, segretario generale della Conferenza episcopale cattolica indiana per la diocesi di Agra, dice ad AsiaNews che “lo spirito della riforma è giusto. Anche se abbiamo qualche preoccupazione su come possa essere interpretata. La Cbci ha chiesto un emendamento che, in accordo con la Costituzione, garantisca alle minoranze il diritto di ‘creare e amministrare le istituzioni d’istruzione di loro scelta’. La Chiesa da sempre è attiva nel campo dell’istruzione e segue il maggior numero di scuole private del Paese. Le scuole cattoliche operano in tutto il territorio e assicurano un buon servizio senza distinzioni di casta o fede religiosa, per creare cittadini attivi per il bene della società”.
 
Il dott. Lenin Raghuvanshi, Direttore esecutivo del Comitato popolare per la vigilanza sui diritti umani, condivide la convinzione che “questa sia una legge di importanza storica. Anche se ancora il diritto allo studio non è realizzato per chi ha più di 14 anni, o prima dei 6 anni, e anche se deve ancora essere davvero assicurata l’autonomia delle scuole delle Minoranze. E’ necessario prevedere anche i diritti dei bambini minori di 6 anni, per evitare che siano avviati al lavoro minorile, molti iniziano a lavorare a 5 anni per salari minimi e poi non sono mandati a scuola, in zone come Bihar, Orissa, Andhra Pradesh e Madhya Pradesh. Per i poveri, è essenziale prevedere la scuola gratuita fino ai 18 anni. Vanno realizzati gli artt. 29 e 30 della Costituzione, che prevedono il diritto per le minoranze di mantenere la propria lingua, scrittura, cultura e di creare istituti d’istruzione. La previsione che in ogni scuola privata siano riservati il 25% dei posti ad alunni poveri, aiuterà molto l’integrazione sociale.”
 
“Ora, se una scuola discrimina gli alunni, sarà possibile agire davanti al tribunale distrettuale”.