Terremoto del Qinghai: gli sfollati denunciano la mancanza di aiuti
A 10 giorni dal sisma, mancano ancora tende, cibo, generi essenziali. In molti luoghi sono arrivati, ma non sono distribuiti, o lo sono in modo casuale e a danno di anziani e feriti. Le testimonianze dei locali. Il ruolo del monaci tibetani, cuore dei soccorsi.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – A 10 giorni dal sisma che ha devastato il Qinghai, i soccorsi risultano ancora male organizzati e spesso inadeguati, costringendo gran parte degli sfollati a passare le gelide notti in rifugi di fortuna, a 4mila metri di altezza.

Nella città di Jiegu, sede della Prefettura autonoma di Yushu, molte vittime ancora non hanno nemmeno una tenda e molti tra coloro che le hanno ricevute dicono che sono solo un “ornamento”.

Chen Longgan vive ancora, con la moglie, sotto il telo di plastica che utilizza per coltivare vegetali in serra (nella foto). Egli spiega al quotidiano South China Morning Post che, anche se ha ricevuto una tenda, questa “non può essere montata perché mancano le barre di acciaio necessarie per erigerla”. Non è un caso isolato, molti altri sfollati hanno ricevuto tende senza le strutture per montarle.

Han Yusheng lamenta la diffusa disorganizzazione e la scarsa attenzione mostrata da chi dirige i soccorsi, al punto che quando loro sono andati presso gli uffici governativi in loco per chiedere questi bastoni d’acciaio, “i funzionari ci hanno solo risposto di tornare il giorno dopo, perché avevano troppo da fare”.

Pechino ha evidenziato il grande sforzo organizzativo, che ha permesso agli autocarri di portare tende, cibo e altri generi di conforto in breve tempo, passando su strade danneggiate dal sisma. Ma molte volte i generi di conforto sono poi rimasti ammassati in magazzino, con i responsabili locali “troppo occupati” per poter organizzare una rapida ed efficiente distribuzione ai profughi bisognosi di tutto. E’ esperienza diffusa l’essersi sentito dire di “ripassare” il giorno dopo. Fonti locali riferiscono che ancora oggi la distribuzione degli aiuti è così caotica che i profughi si accalcano e persino si accapigliano per avere riso, farina e altri generi. Prevalgono i giovani, mentre gli anziani soli e chi è ferito rischiano di rimanere senza nulla. C’è chi accusa che molti profughi sono ancora privi di tutto, mentre altri hanno accumulato “aiuti” a casa.

Nel villaggio di Burang, (Anchong), 110 chilometri a sudovest di Jiegu, l’esperienza è analoga. Baiga, capo del villaggio, dice che oltre 800 persone non hanno ancora ricevuto alcun aiuto, anche se hanno perso le case e ogni cosa, sono privi di ripari e manca il cibo.

Le stesse autorità ammettono di essere state messe in gravi difficoltà per la gravità del disastro, al punto che più volte i camion carichi di aiuti sono stati mandati in luoghi errati e molte zone non hanno ancora ricevuto nulla.

Il sisma ha causato grandi danni a circa 90 monasteri, rendendone molti inagibili, con oltre 8mila monaci tibetani senzatetto, secondo i dati ufficiali. Fonti governative dicono che sarà data priorità alla riparazioni dei monasteri. Ma, intanto, le autorità hanno detto ai monaci di non intervenire nell’organizzazione dei soccorsi.

Nella prefettura di Yushu ci sono oltre 23mila monaci in centinaia di monasteri e il loro intervento è stato essenziale per cercare e soccorrere i sopravvissuti, distribuire i soccorsi, cremare i cadaveri. Qui nel marzo 2008 sono esplose violente proteste anticinesi, soffocate nel sangue.