Anni di carcere o di lavori forzati per chi si riunisce e prega
Polizia e autorità colpiscono islamici e cristiani che svolgono attività religiosa non autorizzata. Intanto proseguono le condanne sistematiche per gli incontri non autorizzati a piccoli periodi di carcere. L’Onu chiede di cessare queste condanne.

Tashkent (AsiaNews/F18) – Severe condanne ad anni di carcere per cristiani e islamici che organizzano incontri religiosi non autorizzati. Da anni le autorità uzbeke colpiscono l’attività religiosa con pesanti multe, arresti e brevi periodi di carcere. Ma ora l’agenzia Forum 18 riporta anche gravi condanne ai campi di lavoro, veri lavori forzati.

Il 12 aprile il tribunale regionale di Kashkadarya ha condannato tre donne islamiche (Mehrinisso Hamdamova, la sorella Zulkhumor Hamdamova e Shakhlo Rakhmatova) della moschea di Karshi, a pene da 6 anni e mezzo a 7 anni di campo di lavoro, perché colpevoli di avere attentato all’ordine costituzionale dell’Uzbekistan (art. 159 del codice penale): hanno organizzato incontri religiosi non autorizzati.

Fonti locali spiegano a F18 che “funzionari della polizia segreta locale hanno minacciato parenti degli avvocati difensori, dicendo di non fare appello” e che comunque in appello “la condanna sarebbe stata più grave”.

Il processo contro le donne, detenute da mesi, si è svolto a porte chiuse e con grossolane violazioni della legge. La difesa ha portato 21 testimoni per confermare che l’incontro era stato soltanto religioso.

Nei campi di lavoro uzbeki i detenuti hanno pochi diritti, vivono e lavorano in situazioni di scarso igiene, sono percossi dalle guardie, tiranneggiati dai gruppi criminali che controllano la vita negli istituti. A loro è negato di poter professare la fede, persino di pregare in modo visibile o di ricevere visite da personale religioso.

Contro circa 40 musulmani pende accusa penale per avere letto testi del teologo islamico Said Nursi.

Intanto il 13 aprile il tribunale regionale di Syrdarya ha confermato in appello la condanna a 10 anni di carcere per il cristiano battista Tohar Haydarov, membro di una Chiesa battista non riconosciuta, accusato di detenzione e spaccio di droga, anche se chi lo conosce ripete che è persona onesta e molti sono convinti che la droga sia stata portata dalla polizia. Secondo fonti locali, il suo legale ha prodotto prove documentali per dimostrare che l’accusa era stata “fabbricata” e ha denunciato 243 violazioni della procedura penale. Haydarov era già stato condannato nel 2001 a 5 anni e mezzo di carcere per avere “adescato minori in attività antisociali” per avere tenuto incontri religiosi alla presenza anche di ragazzi. La pena era poi stata amnistiata.

Per altri fedeli continuano le “ordinarie” condanne a brevi pene detentive, per la loro attività religiosa. Nella meridionale regione di Syrkhandarya i protestanti Azamat Rajapov e Abdusattor Kurbonov sono stati condannati ad aprile a 15 giorni di carcere per “attività religiosa”. Le condanne a pene brevi tra 5 e 15 giorni di carcere sono frequenti nel Paese per colpire l’attività religiosa “non autorizzata”.

La Commissione Onu per i diritti umani ha espresso a marzo “preoccupazione” per “le limitazioni e restrizioni della libertà religiosa, specie contro i gruppi non registrati” e ha chiesto all’Uzbekistan di abolire il carcere per l’attività religiosa non autorizzata.