Taipei difende l’esecuzione di 4 prigionieri
Critiche da gruppi per i diritti umani e dall’Unione europea. Ma il 70% della popolazione di Taiwan sostiene le condanne a morte. Ma il premier Wu si difende: Anche Paesi democratici come Stati Uniti e Giappone mantengono la pena di morte.
Taipei (AsiaNews/Agenzie) – L’esecuzione di quattro prigionieri nel braccio della morte ha suscitato critiche da gruppi per i diritti umani e dall’Unione europea. Ma il premier Wu Den-yi difende il diritto dello Stato di condannare a morte, come avviene per gli Stati Uniti e il Giappone.
Anche buona parte della popolazione dell’isola sostiene la pena capitale.
 
La condanna a morte di quattro prigionieri a Taipei, Taichung e Tainan è avvenuta il 30 aprile scorso ed è la prima esecuzione ad opera dello Stato dal 2005, quando anche Taiwan ha accettato una moratoria. Ma la pena capitale viene sostenuta da gran parte del pubblico (almeno il 70%)  e soprattutto dai parenti delle vittime. Il ministro della giustizia, Tseng Yung-fu (v. foto), ha firmato l’ordine di condanna lo scorso 28 aprile. Era entrato in carica in marzo, dopo le dimissioni di Wang Ching-feng, contraria alla pena di morte.
 
Un gruppo per i diritti umani, la Fondazione per la riforma della giustizia, ha condannato l’operato del ministro e lo ha accusato di aver voluto a tutti i costi affrettare le esecuzioni. Anche l’Unione europea ha diramato un comunicato in cui  “deplora” le condanne a morte.
 
Ieri il premier Wu si è difeso dicendo che “non tutte le nazioni democratiche hanno abolito la pena di morte” e ha citato come esempi gli Stati Uniti e il Giappone.
 
Al presente a Taiwan vi sono 40 prigionieri che attendono l’esecuzione. I quattro uccisi erano colpevoli di rapimento e uccisione del rapito (una bambina delle scuole elementari) e di diversi omicidi.