Orissa, la Chiesa contro l’industrializzazione selvaggia
di Santosh Digal
Sta per partire l’impianto della prima acciaieria della multinazionale coreana “Posco”, che dovrebbe creare posti di lavoro e sviluppo industriale. Ma questo, ricorda la Chiesa locale, non deve avvenire a spese degli abitanti.

Bhubaneswar (AsiaNews) – L’industrializzazione “va bene, ma non può in alcun modo avvenire sulla pelle delle persone. Non è giusto pensare che, per creare industrie e posti di lavoro, è giusto cacciare la gente dalla propria terra con la forza: il governo non può farlo. La Chiesa sostiene il diritto a protestare in maniera pacifica, anche perché a subire questi sorprusi sono le comunità ai margini: quelle degli operai e dei contadini”. Lo dice ad AsiaNews p. Ajay Kumar Singh, sacerdote e attivista dell’arcidiocesi di Cuttack- Bhubaneswar.

Il riferimento è all’impianto del colosso siderurgico “Posco”, di proprietà sudcoreana, che ha vinto un appalto record da 52 miliardi di rupie (circa 9,8 miliardi di euro) per conquistare il diritto di sfruttare I terreni dell’Orissa per la produzione industriale. Secondo mons. Lucas Kerketta, vescovo di Sambalpur, “il governo deve interessarsi prima delle necessità della propria gente, e poi puntare sulla mera industrializzazione”. Anche alla luce del fatto che “ogni questione sospesa, come la rilocazione e le prospettive di vita, si può risolvere in maniera amichevole”.

Secondo i termini dell’accordo, il primo ministro dell’Orissa Naveen Patnaik ha garantito al governo federale e ai vertici della “Posco” l’utilizzo di oltre 4mila acri di terreno: di questi, 3.500 sono di proprietà governativa. Ma gli abitanti dei restanti acri – dove sorgono i villaggi di Dhinkia, Nuagaon e Gadakujanga – si oppongono alla requisizione delle loro terre. Oggi, la polizia è entrata nell’area di Kalinganagar e ha demolito con la forza alcune case. Nel pomeriggio, è prevista una manifestazione di protesta contro questo modo di fare.

Secondo Patnaik, invece, si tratta di un’occasione da non perdere: l’impianto delle acciaierie porterà posti di lavoro e possibilità di sviluppo per tutta l’area. Un rapporto del Consiglio nazionale di ricerca economica applicata conferma: “Grazie al progetto, avremo un incremento del Prodotto interno lordo statale dell11,5% entro il 2016. Le nuove fabbriche forniranno 870mila nuovi posti di lavoro in tutti i settori, nel giro di 30 anni”.

Ma tutto questo, sottolinea p. Singh, “avviene sulla pelle dei locali. La Chiesa si schiera accanto a loro e ricorda al governo che è lo sviluppo umano, e non industriale, il primo impegno da mantenere. Lo Stato dell’Orissa sta lavorando come se fosse un agente della compagnia: eppure quei terreni producono già, nel campo agricolo. Perché darli via?”.