Papa: Veglia di preghiera con 17 mila sacerdoti da tutto il mondo
Benedetto XVI risponde alle domande di cinque sacerdoti da cinque continenti sul “grande scandalo” che il celibato è per la nostra società, contro gli “scandali secondari” dei tradimenti (e della pedofilia). Mette in guardia dal vivere una “teologia arrogante” e razionalista, che non si nutre della fede; chiede ai sacerdoti vivere la loro dedizione a Cristo non come una professione “a ore” indicando a modello l’impegno e la preghiera di Madre Teresa.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Almeno 17 mila sacerdoti da tutto il mondo hanno partecipato ieri sera insieme a Benedetto XVI a una veglia di preghiera in piazza san Pietro a conclusione dell’Anno sacerdotale. Una veglia di esaltazione della figura del sacerdote, con testimonianze appassionanti di preti impegnati in parrocchia, fra i poveri e i drogati, in missione nel mondo. Il papa ha dialogato con alcuni di loro, parlando del celibato dei preti come uno “scandalo” per il mondo contemporaneo, ma anche come la base su cui si fonda il matrimonio e la “nostra cultura”.
 
Dopo un anno di rivelazioni (e manipolazioni) sulla questione di preti pedofili, ieri sera alla veglia tutti hanno testimoniato quanto è preziosa la vocazione del prete che vive la sua vita unito a Cristo; quanto è banale una “teologia arrogante” che non si basa sulla fede, un clericalismo fuori del mondo, una vita da prete vissuta come un impiegato “a ore”; l’importanza di aiutare i giovani a discernere la loro chiamata e perfino l’importanza per i sacerdoti di avere momenti di riposo. Il centro di tutta la veglia è stato proprio il grande silenzio sceso sulla piazza all’adorazione eucaristica, in cui il papa e i 17 mila si sono inginocchiati per interminabili minuti davanti all’ostensorio scintillante, proseguita con la preghiera del papa per l’Anno sacerdotale.
 
La veglia è iniziata verso le 20, con una serie di canti e di testimonianze: quella di mons. William Shomali, vicario patriarcale di Gerusalemme, che ha parlato del valore del celibato dal Cenacolo, il luoog dell’istituzione dell’eucaristia e del sacerdozio; una testimonianza sul Curato d’Ars; un seminarista alla vigilia della sua ordinazione e un parroco (a San Marco, Venezia), prete da 50 anni; un parroco da Hollywood e uno da un quartiere periferico di Buenos Aires. Fra tutte anche un bel duetto fra marito e moglie di una famiglia americana con sei figli, due dei quali sono seminaristi e una figlia laica consacrata, e il saluto di una suora adoratrice perpetua, che prega per i sacerdoti.
 
Il papa è arrivato in papa mobile verso le 21.45, accolto da applausi e da slogan come quelli delle Giornate della gioventù (“Be-ne-detto!; Be-ne-detto!”).
 
Dopo un saluto del card. Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero, cinque sacerdoti dai cinque continenti, hanno posto delle domande al pontefice e Benedetto XVI, senza mai guardare i fogli che aveva con sé, ha risposto con acutezza e precisione, lo sguardo fisso sul sacerdote che aveva posto la domanda.
 
A un sacerdote brasiliano, parroco di più parrocchie “in una società non più interamente cristiana”, Benedetto XVI ha suggerito i “pilastri su cui si deve fondare il suo impegno, senza farsi prendere dall’angoscia di voler fare tutto. Tali pilastri sono l’eucaristia celebrata almeno la domenica; l’annuncio della parola di Dio e l’omelia; la carità verso i poveri, i bambini e i sofferenti. La gente – ha detto il papa – ha bisogno di vedere non un prete che “fa le sue ore di lavoro e poi vive per sé”, ma “un uomo infuocato e pieno di amore per il Signore e per i suoi”. E ha anche suggerito di “riposare un po’”, senza pretendere di poter fare tutto.
 
Un sacerdote della Costa d’Avorio ha messo in luce il problema di una teologia che non ha al centro Cristo e inficia di “opinioni” la verità cattolica. Benedetto XVI ha spiegato che vi è una “teologia dell’arroganza”, che “non nutre la fede e oscura la presenza di Dio nel mondo”, e “una teologia che è stimolata dall’amore verso l’amato e vuole conoscere di più l’amato”. Egli ha criticato la teologia che mette la razionalità positivista come l’unica vera ragione e ha chiesto ai sacerdoti di usare “la ragione allargata”, per non farsi accalappiare dalle “mode”. “Tante teologie che negli anni ’60 sembravano le cose più scientifiche – ha aggiunto - ora sembrano superate, anzi ridicole”. E ha suggerito a tutti di leggere sempre il Catechismo della Chiesa cattolica e di essere uniti al papa e ai vescovi.
 
Un sacerdote slovacco, missionario in Russia, gli ha posto la domanda sul senso del celibato ecclesiastico, preso così di mira nel mondo contemporaneo. Il papa ha messo in luce anzitutto che il celibato ha al centro il dono di tutta la propria vita a Cristo. Nella celebrazione eucaristica (“Questo è il mio corpo…”), “Cristo ci permette di usare il suo io, ci attira a sé e ci unisce a Lui. Così il nostro io si unisce al suo e realizza la permanenza del suo unico sacerdozio. E attirando noi, è presente attraverso di noi nel mondo”.
 
Per il mondo “dove Dio non centra” – ha aggiunto – “il celibato è un grande scandalo”. Egli ha fatto notare che questo stesso mondo che critica il celibato è anche quello dove non si ha il coraggio di sposarsi, perché si diviene incapaci di decisioni definitive, perché si vuole rimanere autonomi, liberi da vincoli. La decisione del celibato, perciò, la “consegna della propria vita all’io di Cristo” è il sì definitivo, “che conferma il sì definitivo del matrimonio”. Senza il celibato – e di conseguenza senza il matrimonio – “scompare tutta la nostra cultura”.
 
Rispondendo a questa domanda il papa ha fatto anche un accenno indiretto alla piaga dei preti pedofili, parlando di “scandali secondari”, che oscurano l’immagine di Cristo. Il vero scandalo, ha ribadito, è la conferma del celibato, che allontana gli “scandali secondari”.
 
Un sacerdote giapponese gli ha chiesto come fare a sfuggire alla tentazione del clericalismo, vivendo nell’estraneità al mondo. Benedetto XVI ha indicato la celebrazione eucaristica, dove “l’umiltà di Dio” lascia la sua gloria per morire in croce e donarsi al mondo, come il luogo in cui farsi educare all’apertura verso tutti. “Vivere l’eucarestia sul serio – ha detto - è la difesa più sicura contro ogni tentazione di clericalismo”. E ha citato l’esempio di Madre Teresa, che iniziava il suo impegno verso i poveri e gli abbandonati dal costituire dei tabernacoli per l’adorazione dell’eucarestia.
 
Infine, un sacerdote dell’Oceania ha parlato dei seminari vuoti e della necessità di far crescere nuove vocazioni al sacerdozio.
 
Benedetto XVI ha messo in guardia dal cercare di risolvere il problema della mancanza di clero con soluzioni “professionali”, di preti “a ore”, e di “bussare alla porta di Dio, che ci dia le vocazioni di cui abbiamo bisogno”. E ha esortato i sacerdoti presenti a vivere il proprio sacerdozio in modo convincente. “Nessuno di noi – ha aggiunto - sarebbe divenuto sacerdote, se non avesse incontrato qualche sacerdote in cui bruciava il fuoco dell’amore di Cristo”. Il papa ha anche suggerito ai sacerdoti di essere vicini ai giovani, aiutandoli a discernere il valore della chiamata di Dio, facendoli vivere in situazioni che fanno comprendere e apprezzare la vita sacerdotale come un “modello” per la nostra società.