Gli operai della Honda tornano al lavoro. Wen Jiabao si preoccupa
Dopo dieci giorni di sciopero, i lavoratori del colosso automobilistico rifiutano l’aumento proposto ma tornano in fabbrica. Il premier cinese: “I migranti sono come nostri figli, dobbiamo a loro la nostra ricchezza”.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – I circa 1.500 operai della fabbrica Honda Locks di Zhongshan, nella provincia meridionale del Guangdong, sono tornati oggi al lavoro dopo dieci giorni di sciopero. L’azienda, che fa capo al colosso automobilistico giapponese Honda, ha offerto ai lavoratori in sciopero un aumento di 200 yuan (20 euro) al mese: ma questo è stato respinto dagli operai, ispirati da uno sciopero similare indetto dai colleghi del settore manifatturiero.

Secondo un portavoce dell’azienda, che accusa gli operai di “rallentare in maniera volontaria il lavoro in catena di montaggio, una nuova offerta verrà presentata venerdì prossimo. Intanto, però, la dirigenza ha minacciato il licenziamento per quei lavoratori che intendono assentarsi durante i tre giorni della Festa delle barche, che termina giovedì.

Le rivendicazioni dei migranti sembrano dunque aumentare di livello, e questi possono oggi contare su un appoggio inaspettato: il premier cinese Wen Jiabao si è infatti pronunciato ieri a favore di migliori condizioni di lavoro per gli operai immigrati. La scelta del primo ministro rispecchia quella del governo, che più di ogni altra cosa teme nuove manifestazioni di piazza.

In un discorso tenuto ad un gruppo di operai immigrati a Pechino, riportato oggi dal Quotidiano del Popolo, Wen ha sottolineato che “gli operai immigrati dalle zone rurali sono la principale componente dell’attuale forza lavorativa cinese. La nostra ricchezza e i nostri alti grattacieli sono il risultato del vostro duro lavoro e del vostro sudore”.

Il premier è il primo alto dirigente cinese a parlare pubblicamente della situazione che si è creata con gli scioperi. Concludendo l’incontro, molto pubblicizzato anche dalla televisione nazionale, Wen ha dichiarato: “Il governo e tutti i settori della società devono trattare i giovani lavoratori immigrati come se fossero loro figli”.