Cina, gli scioperi arrivano nel Nord: fermo stabilimento Toyota
Un’industria di Tianjin incrocia le braccia e ottiene un aumento di stipendio dopo una rapida contrattazione. Il diffondersi del movimento dei lavoratori spaventa il governo, che mantiene un atteggiamento ambiguo.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il fronte degli scioperi arriva anche nel nord del Paese: la Toyota Motor ha confermato questa mattina che, nel proprio stabilimento di Tianjin, si è verificato uno sciopero che tuttavia “non ha creato problemi alla produzione”. Secondo il portavoce della compagnia nipponica, Liu Peng, “gli operai hanno ripreso il lavoro subito dopo una breve interruzione, che si è risolta ieri con un accordo fra i lavoratori e la dirigenza”.

Tuttavia, secondo il quotidiano giapponese Asahi Shimbun, la compagnia – la più grande al mondo per quanto riguarda la produzione di automobili – potrebbe presto dover affrontare un nuovo sciopero in un’altra fabbrica (sempre di Tianjin) che produce le portiere. Da Tokyo, la dirigenza conferma di aver evitato danni alla produzione accettando di aumentare i salari degli 800 operai, che in cambio hanno ripreso a lavorare nonostante in Cina sia festa nazionale.

Il caso della Toyota rappresenta un importante passo in avanti per il movimento dei lavoratori cinesi. Fino ad oggi, infatti, le agitazioni aziendali si erano verificate quasi esclusivamente nella ricca provincia del Guangdong, dove ha sede la maggior parte delle fabbriche di dirigenza straniera. Fa eccezione il caso della Honda di Shanghai, i cui operai – che dicono di “essere stati ispirati” dai colleghi del Sud – hanno scioperato e ottenuto un aumento salariale.

L’arrivo delle proteste anche nel Nord sottolinea la diffusione del malcontento fra i migranti. Figli di una nuova generazione di figli unici, gli operai sono meno disponibili a lavorare con turni massacranti per salari estremamente bassi. Il governo teme questo movimento, ma si comporta in maniera ambigua: il primo ministro Wen Jiabao ha definito i migranti “figli della Patria”, ma Pechino ha chiesto alla polizia di “controllare ogni forma di tensione sociale”.