Aumenta la censura cinese, mentre crolla il sistema Green Dam per il controllo dei computer
Il Green Dam doveva essere installato in tutti i computer venduti nel Paese. Per le critiche e l’inefficienza la Cina ha tagliato i fondi al progetto. La censura è comunque in aumento: Google accetta le restrizioni imposte da Pechino; continua la chiusura forzata di microblog e siti.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – È prossimo al collasso il programma software Green Dam Youth Escort, che Pechino ha cercato di imporre un anno fa su tutti i computer venduti in Cina per operare una censura capillare. Le proteste pubbliche e le inefficienze del software hanno causato il taglio dei fondi al progetto, ma non fermano la censura.

 Secondo il Beijing Times, la Beijing Dazheng Human Language Technology Academy di Pechino ha sciolto il gruppo che aveva sviluppato il software, per mancanza di fondi. Per lo stesso motivo sta per chiudere anche il gruppo gemello di ricerca della Zhengzhou Jinhui Computer System Engineering nell’Henan.

 Per Pechino dal 1° luglio 2009 tutti i computer costruiti o venduti in Cina dovevano avere questo software preinstallato per prevenire l’accesso a siti pornografici o violenti. Il governo è stato subito accusato di voler impedire l’accesso a contenuti “politicamente sensibili” come il massacro di Tiananmen, Taiwan o il Dalai Lama. Il software è criticato anche perché inefficace: non riconosce i siti pornografici e consente a pirati informatici di rubare dati e inviare messaggi non richiesti.

 Nell’agosto 2009 Li Yizhong - ministro per industria, informazione e tecnologia - ha stabilito allora che il filtro non è obbligatorio nei computer destinati a uso privato o commerciale. Il software è stato installato “solo” in 20 milioni di computer per scuole, internet cafè e altri luoghi di uso pubblico.

 Se il Green Dam è fallito, la Cina non abbandona la capillare censura di siti e microblog “politicamente sensibili”. Google ha da poco rinnovato il contratto con Pechino, accettando tutte le misure di censura imposte dal governo. Social network come Twitter, Facebook o Youtube sono tuttora bloccati in Cina.

 Questa settimana i servizi di aggiornamento dei contenuti di Netease, QQ, Sina, Tencent e la versione cinese di Twitter, sono stati bloccati per “manutenzione”. Secondo Ye Du, uno dei più prolifici microblogger cinesi, le autorità fanno sempre più fatica a controllare l’enorme mole di informazioni diffuse su internet da oltre 420 milioni di cinesi e chiudono in via temporanea i siti per aumentare i controlli e rallentare il flusso di informazioni.

 Intanto, le decine di migliaia di cyber-poliziotti che controllano siti, blog e internet cafè, hanno cancellato gli articoli pubblicati da Li Tiantian “perché ho pubblicato foto del massacro di Tiananmen”. Hanno anche chiuso il blog di Liu Xiaoyuan e Teng Biao, avvocati per i diritti umani, colpevoli di aver pubblicato “tre articoli sui diritti dei cittadini”.