La “paga minima”, un problema di dignità umana e di giustizia sociale
Dopo l’approvazione a luglio della legge sul “Salario minimo garantito”, è rovente il confronto tra lavoratori e datori di lavoro per monetizzare questo minimo. La diocesi di Hong Kong richiama le parti e l’opinione pubblica al vero cuore del problema: non economico ma umano e sociale.

Hong Kong (AsiaNews) – La “paga minima” non è solo un problema economico ma, anche e anzitutto, un modo per riconoscere la giusta dignità al lavoratore e un mezzo per smussare le gravi disuguaglianze sociali. La diocesi di Hong Kong interviene nell’acceso dibattito che ha seguito l’introduzione della legge sul Salario minimo garantito approvata dal Consiglio legislativo (LegCo) il 17 luglio.

La legge del 17 luglio è stata salutata come una riforma di importanza storica, ma la nuova normativa, che entrerà in vigore nel 2011, è ancora incompleta su punti fondamentali, come la fissazione del salario minimo per ora di lavoro. I sindacati dei lavoratori chiedono almeno 33 dollari di Hong Kong per ora di lavoro (circa 3 euro), ma i rappresentanti degli industriali rispondono che è un costo troppo alto e che porterebbe alla chiusura di molte imprese. La cittadinanza, bombardata con proclami trionfali sulla nuova era in atto, assiste a una battaglia tra le parti sociali basata su informazioni sbagliate o parziali, ricatti, suppliche e minacce. Ancora è discusso se il salario minimo debba essere agganciato a dati obiettivi come l’Indice dei prezzi al consumo, oppure vada determinato in base a criteri più incerti come quanto l’industria possa pagare in un particolare periodo. Molti esperti sono interessati solo ai contraccolpi che aumenti del salario possono avere sulla produzione e sull’economia.

Ora le diocesane Commissione sulle questioni del lavoro e Commissione giustizia e pace hanno iniziato una serie di interventi e dibattiti, per discutere di rapporti sociali e umani e per ricordare come, secondo la dottrina cattolica, un salario sufficiente a consentire una vita dignitosa sia un diritto di ognuno, non un privilegio. Come diritto umano fondamentale, non risponde a criteri anzitutto contrattuali, ma di giustizia sociale. Inoltre il salario minimo deve considerare le effettive esigenze del lavoratore, come ad esempi le necessità della sua famiglia e dei figli.

In questo dibattito, sono state ricordate le parole di Paolo VI, nella sua enciclica Populorum progressio (Il progresso dei popoli): “Ci sono evidenti disuguaglianze non solo nel godimento dei beni posseduti, ma ancor più nell’esercizio del potere. In certe regioni, una minoranza privilegiata gode le raffinatezze della vita, mentre gli altri residenti, poveri e divisi, rimangono privi di quasi ogni possibilità di agire con propria iniziativa e responsabilità, e spesso devono vivere e lavorare in condizioni indegne per la persona umana”.