Al via in Egitto il secondo round dei colloqui di pace tra Israele e Palestina
Al centro la questione degli insediamenti e il riconoscimento dello Stato di Israele. Le dichiarazioni di Netanyahu sul rifiuto di una nuova moratoria sulle occupazioni nella West Bank frenano gli ottimismi iniziali. Dalla striscia di Gaza nuovi razzi contro Israele.

Sharm el-Sheikh (AsiaNews/Agenzie) –  Al via oggi a Sharm el-Sheik, il secondo round dei negoziati diretti israelo-palestinesi, iniziati lo scorso 2 settembre a Washington dopo 20 mesi di congelamento. Al centro dei colloqui tra il premier israeliano Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen ancora la questione degli insediamenti e il riconoscimento dello stato di Israele. Il primo incontro si tiene in Egitto mentre in serata i colloqui si sposteranno a Gerusalmme. Ad entrambi gli incontri partecipa il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton che ieri ha sottolineato che è giunto “il momento per entrambe le parti di mettersi al lavoro”.

Nonostante gli ottimismi iniziali, un accordo stabile è però ancora molto lontano. Il prossimo 26 settembre scade la moratoria sul congelamento degli insediamenti in Cisgiordania e alla vigilia degli incontri il premier Netanyahu ha sottolineato che non intende rinnovare il provvedimento. Egli ha assicurato che farà il possibile per fermare la costruzione di alcune delle migliaia di nuove abitazioni in programma nella West Bank. L’autorità palestinese vuole invece il congelamento totale e permanente di qualsiasi nuova costruzione e per ora rifiuta di riconoscere Israele. “Se la scelta di Israele è quella di continuare a costruire insediamenti – afferma Saeb Erekat, responsabile palestinese per i negoziati -  questo significa che si vuole distruggere l'intero processo di pace”.

Altro ostacolo ai negoziati è la divisione interna dei palestinesi. Dalla striscia di Gaza ieri sono partiti altri due razzi verso Israele e Hamas ieri ha definito i negozianti “umilianti e degradanti”, ribadendo che Abu Mazen non è autorizzato a negoziare per conto del popolo palestinese”.