Il Turkmenistan cerca nuovi mercati per il suo gas
Il presidente russo Medvedev, in visita ad Ashgabat, ha siglato l’acquisto di 11 miliardi di metri cubi di gas, ma Mosca prima ne comprava 40 mmc. Il Paese vuole vendere l’energia, sua principale risorsa, e guarda a Iran e Cina. I problemi con il mercato europeo e con l’India.

Ashgabat (AsiaNews/Agenzie) – La visita di 2 giorni del presidente russo Dmitry Medvedev in Turkmenistan, iniziata il 21 ottobre, ha favorito la ripresa della vendita del gas turkmeno a Mosca, per 11 miliardi di metri cubi (mmc). Ma è molto meno di quanto la Russia comprava prima della crisi economica. Ashgabat sempre più cerca altri Paesi disposti a pagare prezzi alti e si rivolge anzitutto alla Cina.

Pochi anni fa la Russia voleva assorbire tutta l’energia dell’Asia Centrale, pagandola “a prezzo europeo”, ovvero alle quotazioni più alte allora esistenti. Mosca insisteva per fare contratti pluriennali con automatici aumenti progressivi del prezzo. Importava dal Turkmenistan 40 mmc annui e discuteva di arrivare a 65 mmc.

La crisi economica globale ha fatto diminuire la domanda di energia e il prezzo di gas e petrolio. La Russia ha rinegoziato il prezzo delle forniture da Uzbekistan e Kazakistan. Ma il Turkmenistan, ritenuto avere la 4° maggiore riserva mondiale di gas e che lo esporta per il 90% in Russia, ha insistito per mantenere “prezzi europei”.

Nell’aprile 2009 per una perdita c’è stata una grave esplosione nel gasdotto turkmeno. Ashgabat ha biasimato la Russia, ma intanto la fornitura è cessata per 8 mesi, da aprile a dicembre 2009, con minori entrate per il Turkmenistan stimate pari a un miliardo di dollari al mese.

Questo ha molto raffreddato i rapporti tra i 2 Stati e ha portato il Paese a cercare altri mercati. Nel dicembre 2009 è stato aperto un gasdotto verso la Cina capace di portare 40 mmc e si parla di un nuovo gasdotto per portare altri 12 mmc in Iran in aggiunta agli 8 mmc già esportati.

Ashgabat ha discusso anche di fornire energia all’Europa per il progetto Nabucco e sostiene il proposto gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India (Tapi). Ma non sono stati firmati contratti per questi progetti, nonostante se ne discuta da tempo e nonostante il presidente turkmeno Gurbanguly Berdymukhammedov voglia aumentare l’esportazione dagli attuali 25-30 mmc a 180 mmc entro il 2030.

Il Tapi si scontra con gravi problemi di sicurezza (dovendo passare per zone di Afghanistan e Pakistan dove attiva è la guerriglia) e con gli storici contrasti tra India e Pakistan.

In Europa occorre battere la formidabile concorrenza russa, che di recente sta sviluppando i giacimenti della Penisola Yamal, stimati in circa 16mila mmc di gas, che, insieme ai giacimenti Bovanenkovo, sono in grado di soddisfare le esigenze dei previsti gasdotti Nord Stream (55 mmc) e Sud Stream (63 mmc), che Mosca privilegia rispetto al Nabucco.

Ashgabat segue tutte le opportunità, ma al momento quella più concreta appare la Cina. Pechino ha già creato un gasdotto e le sue compagnie sono attive nella ricerca ed estrazione del gas turkmeno. Questo mese la China National Petroleum Corporation, ditta statale cinese leader per l’energia, ha annunciato la scoperta di un altro ricco giacimento di gas presso il fiume Amu Darya in Turkmenistan. Inoltre Berdymukhammedov ha inaugurato una nuova stazione di compressione del gas presso i giacimenti Bagtiyarlyk, che la Cina stima valere 1.600 mmc di gas. A giugno i 2 Paesi hanno concordato di aumentare la fornitura di gas a 22 mmc.