Zhao Lianhai, eroe suo malgrado, per difendere i bambini avvelenati col latte alla melamina
Quando ha scoperto che la figlia era malata ai reni per la melamina nel latte, ha lasciato il lavoro e iniziato a difendere i diritti delle vittime. “Non posso tradire gli altri genitori” diceva quando il governo gli ha fatto offerte purché rinunciasse. La difficile vita di moglie e figli, aiutati da donatori anonimi.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Zhao Pengrui (nella foto con la madre), figlio di Zhao Lianhai, oggi è andato a scuola nonostante l'arresto del padre, condannato lo scorso 10 novembre a 2 anni e mezzo di carcere per avere difeso i diritti e la salute di lei e di migliaia di altri bambini. La madre non voleva che il piccolo perdesse il giorno di lezione.

Zhao Lianhai viveva una vita tranquilla, con un buon stipendio di 5-6mila yuan al mese, non lottava per la democrazia e i diritti umani. Finché alla fine del 2008 ha scoperto che il figlio Pengrui era tra i 300mila bambini intossicati e malati ai reni (oltre ad almeno 6 morti) per la melamina contenuta nel latte in polvere di primarie ditte casearie, una sostanza tossica usata per materiali plastici.

Pechino, travolta dallo scandalo mondiale e dalle proteste, in un primo tempo promise cure mediche gratuite e risarcimenti per tutti i bambini. Poi ha offerto somme minime, nemmeno sufficienti per le spese mediche urgenti. Molti giudici hanno rifiutato le cause di risarcimento, dicendo che non si può iniziare giudizio civile mentre sono ancora in corso accertamenti dello Stato. Alcuni responsabili di una ditta casearia sono stati condannati, due a morte, ma analisti hanno osservato che altre ditte non sono state punite e che le autorità preposte al controllo sanitario del latte hanno evitato processi.

Zhao ha lasciato il lavoro e si è dedicato a difendere i diritti dei bambini coinvolti e dei loro genitori. Ha creato un sito internet per riunire i danneggiati, dare loro notizie, coordinare azioni. Le autorità lo hanno minacciato più volte, poi un anno fa è stato arrestato per avere “disturbato l’ordine pubblico”, protestando e gridando slogan.

La moglie Li Xuemei è rimasta con i 2 figli di 5 e un anno nell’appartamento di 60 mq della suocera, presso la strada del Quinto Anello Meridionale di Pechino. Dall’arresto del marito vivono con i soli 2mila yuan della pensione della suocera. Dopo che egli ha iniziato la sua campagna, il governo distrettuale ha offerto loro più volte cure mediche gratuite per la bambina e un buon lavoro a lui, ma Zhao non ha accettato “perché – dice la moglie al South China Morning Post- aveva visto troppi bambini soffrire e per non tradire i loro genitori”.

La donna riesce a tirare avanti grazie a piccole donazioni che riceve da amici di internet, molte anonime.

Dopo la condanna Peng Jian, avvocato di Zhao, ha iniziato uno sciopero della fame di 3 giorni, in solidarietà con quello annunciato da Zhao al Tribunale. Li avrebbe voluto unirsi a loro, ma deve restare in salute per occuparsi dei figli.

Il telefono cellulare di Li è disattivato da quanto la protesta di Zhao ha suscitato l’attenzione dei media. Davanti a casa loro c’è una nuova telecamera di sorveglianza dall’inizio del 2010. Tramite la suocera, autorità locali hanno più volte chiesto a Li di non parlare con i media.

“Non farò quanto mi chiedono – dice Li – e non ho paura di andare in carcere, dove non mi dovrò preoccupare di che cosa avrò da mangiare”.