Lahore (AsiaNews) – “Asia Bibi è innocente. Salvarla non deve essere un atto politico, ma un obbligo morale verso tutti i cristiani perseguitati”; “la legge sulla blasfemia distrugge la convivenza e lo sviluppo del Pakistan”. È quanto affermano alcuni dei lettori che in questi giorni hanno aderito alla campagna lanciata da AsiaNews lo scorso 15 novembre in favore di Asia Bibi (nella foto durante il processo) la donna cristiana condannata a morte in Punjab per una falsa accusa di blasfemia.
A tutt’oggi in 1500 hanno firmato l’appello, rilanciato in Malaysia dal quotidiano cattolico Herald e diffuso da privati e agenzie di stampa in tutto il mondo. Centinaia i messaggi provenienti da Spagna e America Latina, ma anche da Vietnam e Cina.
In Pakistan, nonostante gli evidenti rischi, diverse organizzazioni tra cui Giustizia e Pace hanno organizzato manifestazioni e iniziative per chiedere la liberazione della donna. Ieri a Nankana (Punjab) centinaia di donne, cristiane e musulmane hanno manifestato davanti agli uffici governativi chiedendo il suo rilascio immediato.
Saman Wazdani, musulmana e attivista per i diritti umani, ha dichiarato: "Le donne del Pakistan si stanno muovendo. Il Caso di 'Asia Bibi ha fatto pressione sulle nostre coscienze per chiedere l’abrogazione della legge sulla blasfemia”. La donna sottolinea che il problema riguarda per tutto il sistema di giustizia pakistano. “I giudici – afferma - sono abbandonati a se stessi, sottostanno a vecchie strutture che non sono trasparenti e spesso interpretano la legge in modo errato. Il Paese ha urgente bisogno di una riforma giudiziaria”.
La Conferenza degli Ulema del Pakistan (Conference of the Jamiat Ulema Pakistan – Jup), che rappresenta circa il 30% dei partiti religiosi, ha affermato la sua totale opposizione alla cancellazione della legge sulla blasfemia. Gli ulema considerano la legge “intoccabile” e minacciano proteste anche violente in caso di eventuali modifiche o correzioni.