Due imprenditori tibetani condannati per “attività politiche” contro l’occupazione
Continua la repressione di ogni forma di opposizione locale da parte delle autorità cinesi. Solo qualche settimana fa tre noti scrittori tibetani sono stati condannati per aver scritto articoli sulle proteste del 2008 a Lhasa.

Dharamsala (AsiaNews) – Il Tribunale di appello del popolo di Lhoka ha condannato due commercianti tibetani,  Sonam Bhagdro e Tashi Topgyal rispettivamente a 15 anni e a cinque anni di prigione. L’ufficio di pubblica sicurezza di Lhoka (Psb) aveva arrestato i due commercianti nell’agosto del 2009, perché c’era il sospetto che svolgessero attività politica. Dal momento del loro arresto, e fino al momento in cui sono apparsi in tribunale, non si è saputo più nulla di loro, neanche il luogo in cui erano detenuti.

Sonam Bhagdro è nato nel 1965 nella città di Jhorya, nella contea di Tsona. Dopo aver completato le scuole superiori, si è iscritto al Partito comunista della contea. Grazie alla sua attività di imprenditore è stato di aiuto nella formazione di studenti, e ha contribuito alle spese mediche e alle spese generali del monastero della contea. Secondo fonti locali è un imprenditore molto abile ed è molto popolare fra la gente. Qualche tempo fa ha ricevuto il riconoscimento di “cittadino esemplare” dalle autorità della contea. Anche Tashi Topgyal, di 30 anni, è nato nella città Jhorya, nella stessa contea. Abita con sua moglie e sua figlia, e per vivere ha un’attività commerciale.

Le ultime condanne politiche in Tibet sono state comminate il 28 ottobre scorso contro tre noti scrittori dal Tribunale di Aba (Ngaba in tibetano). Jangtse Donkho, Buddha e Kalsang Jinpa, arrestati nell’estate, sono stati puniti perché ritenuti colpevoli di “attività che istigano a dividere la Nazione”. Hanno scritto articoli sul giornale in lingua locale tibetana “Shar Dungri” (Montagna innevata orientale) sulle proteste avvenute il Tibet nel 2008. I tre accusati si sono proclamati innocenti. Buddha ha parlato in un fluente cinese dicendo che articoli simili a quelli oggetto dell’accusa sono stati pubblicati anche da giornali cinesi Han, per cui una loro condanna rappresenterebbe “una ineguaglianza tra differenti nazionalità benché cittadini dello stesso Paese”.