Capillare repressione nel moderno Vietnam: una spia ogni 40 persone
Hanoi cerca di assumere un ruolo internazionale sempre maggiore e di attirare investimenti esteri. Chiede agli Stati Uniti aiuto contro le pretese territoriali cinesi. Ma nel Paese domina il Partito unico Comunista e ogni dissenso anche minimo può portare al carcere.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) – Almeno 19 dissidenti sono stati arrestati in Vietnam ad ottobre, per  impedire proteste durante il meeting delle Nazioni del Sudest asiatico (Asean) ad Hanoi. Il Paese cerca di attirare investimenti esteri e di ottenere l’aiuto internazionale contro le pretese territoriali cinesi, ma il regime comunista continua a reprimere ogni dissenso. Alune personalità sostengono che per il controllo capillare, nella società vi è una spia ogni 40 persone.

Molti altri dissidenti sono stati “avvertiti” di evitare incontri con giornalisti esteri durante il raduno dell'Asean. Ma fonti locali spiegano che la repressione di ogni dissenso è assai più capillare.

Il 16 novembre sono stati condannati 2 etnici tribali, abitanti degli altopiani del Vietnam centrale, per proteste anti-governative.

Phil Robertson, vicedirettore per l’Asia di Human Rights Watch, osserva che “c’è una lunga storia di repressione del governo contro i Montagnard degli altopiani centrali e contro i cristiani. Molti arresti non destano nemmeno l’attenzione pubblica se non dopo lunghi periodi di carcere, le restrizioni agli spostamenti e la sorveglianza rendono molto difficile ai giornalisti viaggiare per la regione”.

Nguyen Hiang Hai, giornalista e autore di blog, ha finito di scontare il 20 ottobre la condanna a 30 mesi di prigione per una discussa accusa per evasione fiscale. Ma pare sia rimasto in carcere, mentre sono in corso indagini per la nuova accusa di “propaganda contro la Repubblica Socialista”.

Nel Paese è consentito solo il Partito comunista, gli altri partiti sono illegali e le critiche possono essere considerate reato.

L’avvocato Cu Huy Ha Vu è stato arrestato il 5 novembre per “propaganda contro lo Stato”. Nel 2009 aveva agito in giudizio contro il premier Nguyen Tan Dung per un controverso progetto di sfruttamento delle miniere di bauxite delle regioni centrali. Inoltre aveva cercato di difendere 6 cattolici, condannati al carcere questo mese dopo un breve processo.

I 6 cattolici erano membri di un gruppo che ha protestato contro il divieto di seppellire un defunto al cimitero di Con Dau, Vietnam centrale, a maggio. Il governo vuole eliminare il cimitero e costruirci un albergo e altre strutture.

AsiaTimes riporta fonti locali, secondo le quali le autorità praticano un controllo capillare sulla popolazione. “Nella Germania dell’Est – dice una fonte, che ha chiesto l’anonimato – si diceva che su 50 persone c’era almeno una spia. In Vietnam, oggi, è più probabile che ce ne sia una ogni 40 persone”.

Questa repressione del dissenso suscita critiche internazionali e il Vietnam ha bisogno di attirare capitali esteri per finanziare infrastrutture. Inoltre ha un forte contrasto con la Cina, grande alleato storico, che vuole far proprie le Isole Paracel e le Spratly, ricche di pesce e di petrolio e gas, rivendicate pure dal Vietnam. Pechino confida nella propria forza dominante, ma Hanoi ha chiesto sostegno al vecchio nemico Usa, che è ben disposto a concederlo.

Ma Washington chiede un maggior rispetto dei diritti umani e il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ad Hanoi durante il summit Asean ha detto che “gli Stati Uniti rimangono preoccupati per l’arresto di persone perché protestano e per la repressione della libertà religiosa in Vietnam”. Accanto a lei era presente il vicepremier Pham Gia Khiem, che ha ascoltato impassibile.

Ma la fonte anonima spiega a AsiaTimes che la gran parte dei vietnamiti non sa cosa la Clinton abbia detto, perché “il traduttore ha ignorato questo richiamo, e non è stato riportato in televisione o in qualsiasi media statale”.

Intanto Hanoi cerca di proseguire uno sviluppo di tipo “cinese”, con liberalizzazioni in campo economico: da circa 2 decenni il Paese ha una crescita media del 6% annuo, anche se mancano statistiche ufficiali attendibili sull’aumento del reddito e pure se le imprese statali dominano importanti settori economici.