Inflazione: Pechino critica la speculazione e gli sperperi di fondi pubblici
Il governo lancia una campagna per individuare gli speculatori, ritenuti responsabili dei forti aumenti di prezzo. Ma deve anche ammettere sperperi in settori come le comunicazioni viarie. Esperti: occorre invece cambiare la politica economica e monetaria.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Pechino lancia una campagna contro la speculazione commerciale e contro gli sperperi di denaro pubblico. Il governo, alle prese con la peggiore inflazione del decennio e con selvaggi aumenti dei prezzi degli alimenti, ha paura di proteste pubbliche e vuole mostrare il massimo impegno. Ma esperti ritengono che le radici del problema siano altre.

La Commissione per la riforma nazionale e lo sviluppo (Cnrs) ha chiesto a tutti gli uffici locali “severe indagini e punizioni contro le attività speculative”, ritenute causa dei forti aumenti di prezzo di prodotti agricoli ed altri generi essenziali. Fenomeni speculativi sono denunciati, tra l’altro, come ragione del forte aumento di costo di cotone, gasolio e fagioli.

La Cnrs ha anche “additato alla vergogna” pubblica 6 compagnie ritenute responsabili, tra cui unità locali delle leader petrolifere statali Sinopec e PetroChina.

Pechino ha anche annunciato misure per aumentare la produzione di ortaggi (il cui prezzo è cresciuto del 60% in un anno), erogare sussidi alle famiglie povere, tenere stabili i prezzi di gas naturale e controllare la distribuzione di cotone e grano. Ha pure dichiarato che imporrà prezzi limite per i generi essenziali, “se necessario”.

Sempre ieri, il ministro dei Trasporti ha annunciato decisi interventi per evitare spese in infrastrutture pubbliche eccedenti i limiti posti da Pechino. La preoccupazione è che molte autorità locali eccedano nella realizzazione di simili opere, che hanno un forte peso sulla spesa pubblica. Ha denunciato che autorità locali iniziano simili opere senza avere le necessarie autorizzazioni superiori, specie per realizzare strade di interesse locale. Zheng Tianxiang, esperto di trasporti, osserva che nel solo Guangdong le autorità hanno investito nelle ferrovie veloci 200 miliardi di yuan (22,3 miliardi di euro) alla fine del 2009, erogati dalle banche e ancora da restituire. Molte linee veloci sono state realizzate in zone remote, dove lo scarso traffico non le giustifica. Nel 2009 lo Stato ha speso circa 1.000 miliardi di yuan per le strade.

Esperti ritengono tuttavia queste misure meri palliativi e che l’inflazione è piuttosto conseguenza dell’eccessiva liquidità, favorita dai robusti prestiti bancari e dai  finanziamenti erogati dal governo per favorire la ripresa durante la crisi economica globale. La forte liquidità e le facilitazioni creditizie presenti negli Stati Uniti hanno incrementato tale fenomeno in Cina.

Wang Tao, economista della Ubs Securities, spiega al South China Morning Post che “il governo non vede la crescita dell’inflazione nei [prezzi al] consumo come sintomo della eccessiva domanda aggregata e del generale surriscaldamento [dell’economia] e continua a preoccuparsi delle prospettive della crescita globale. Così è improbabile che rinforzi in modo aggressivo le politiche monetarie e macroeconomiche”.  “Il governo – aggiunge – stavolta è riluttante a imporre prezzi controllati” perché “l’esperienza del controllo del prezzo del petrolio nel 2007 e nel 2008 indica che questa misura non dà buoni esiti”, sia per la difficoltà di un effettivo controllo sia per il rischio di disincentivare la produzione, specie nel settore agricolo.

La Standard Chartered Bank prevede che la Cina dovrà apprezzare lo yuan, così da rendere meno costosi i generi di importazione e da frenare l’aumento dei prezzi: si parla di un apprezzamento del 7% rispetto al dollaro Usa nel primo semestre 2011, quasi il doppio delle previsioni precedenti.

Tutti prevedono, comunque, che il governo dovrà adottare misure ben più incisive che la lotta alle speculazioni: analisti prevedono un’inflazione del 5,5% nel 2011. Nel 2010 un’inflazione intorno al 4% ha causato aumenti maggiori oltre 10 volte per alcuni generi alimentari. Se la crescita continua, rischia di portare in alto i salari minimi, con un effetto a cascata su tutti i prezzi.