Per favorire la loro espansione, Cina e Russia chiamano il Sudafrica nel Bric
I Paesi del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) ammettono il Sudafrica nel gruppo. Esperti: ci sono economie emergenti più forti, importanti e robuste di Pretoria. Ma il Paese è utile, specie alla Cina, quale “porta d’ingresso” per l’ Africa. Togliendo spazio agli Stati Uniti, ma anche all’India.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – A fine dicembre il ministro cinese degli Esteri Yang Jiechi ha invitato il Sudafrica a diventare membro del BRIC, la coalizione delle maggiori economie emergenti che comprende Brasile, Russia, India e Cina. Analisti osservano che ci sono altri più forti Paesi emergenti, come la Corea del Sud, e ritengono l’invito una mossa strategica di Cina e Russia per rinforzare la loro presenza in Africa.

Il Sudafrica nel 2009 aveva chiesto di entrare nel Bric. Intanto il presidente cinese Hu Jintao ha invitato quello sudafricano Jacob Zuma quale osservatore al 3° Summit dei leader Bric, nell’aprile 2011 a Pechino.

Esperti osservano che il Sudafrica è molto “più piccolo” rispetto agli altri membri del Bric, quanto a economia, popolazione e tasso di crescita. Il Prodotto interno lordo 2010 sudafricano è stimato in 286 miliardi di dollari, rispetto ai 2mila miliardi circa di India e Brasile, ai 5.500 miliardi della Cina e agli “appena” 1.600 miliardi della Russia. La crescita nell’anno è stata intorno al 3%, contro il 4% della Russia, il 7,5% del Brasile, il 9,7% dell’India e il 10,5% della Cina.

Il Paese ha 49 milioni di abitanti, rispetto agli 1,36 miliardi della Cina e agli 1,2 miliardi dell’India.

Jim O’Neil, dirigente della Goldman Sachs che per primo ha creato l’acronimo Bric, ha commentato che la Corea del Sud, con un Prodotto interno lordo stimato nel 2010 di 832,5 miliardi di dollari, aveva migliori requisiti del Sudafrica per entrare nel gruppo. Più forti di Pretoria sono pure le economie di altri Paesi emergenti come Turchia (617,1 miliardi), Messico (874,9 miliardi) e Indonesia (540,3 miliardi).

Gli analisti concordano che la scelta ha ragioni politiche e pratiche, più che economiche: gli altri Paesi, soprattutto la Cina, vedono il Sudafrica come porta di accesso privilegiato nell’intero continente, a discapito degli Stati Uniti che di recente hanno rilanciato la loro presenza nella regione. Non a caso nella prima riunione dei leader Bric, nel giugno 2010 a Yekaterinburg, è emersa la volontà di trovare una nuova moneta che sostituisca il dollaro: tesi non condivisibile per Corea del Sud, Messico o Indonesia.

Marvin Zonis, professore emerito dell’università di Chicago presso la Scuola d’Impresa Booth, ha commentato che la Cina considera il Sudafrica “secondo i propri interessi come aiuto a comprendere il futuro dell’Africa e a cominciare una [sua] ancora maggiore presenza”. Pechino esporta in Africa tecnologia e manifatture e importa energia e materie prime, nei primi 11 mesi del 2010 gli scambi commerciali tra Cina e Africa hanno raggiunto il record di 115 miliardi di dollari. Il Sudafrica ne è consapevole: Maite Nkoana-Mashaben, ministro per le Relazioni Internazionali e la Cooperazione, ha detto che il Sudafrica sarà la “porta di accesso” per i Paesi Bric per aumentare investimenti e commercio in Africa.

Non per nulla la notizia  è stata accolta con grande favore da Russia e Brasile, mentre non si è pronunciata l’India. New Delhi conta molto sul sostegno Usa per ottenere un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Washington vuole aumentare la presenza in Africa operando in collaborazione con l’India, Paese emergente e non colonialista che ha interesse a limitare l’espansione cinese. Per il 2011, l’incremento dei rapporti con l’Africa è uno dei principali obiettivi della politica estera indiana: ma questo porterà a nuovi confronti con Pechino.