Legge sulla blasfemia: il monito del papa evidenzia le divisioni nella società pakistana
di Jibran Khan
Leader radicali e movimenti islamici aizzano le folle e avvertono i cristiani: fondare un partito per l’abolizione della norma, provocherà “maggior caos”. Il governo nega emendamenti alla legge. Esponenti della società civile apprezzano il discorso di Benedetto XVI. Bilawal Bhutto: difendere le minoranze. Intellettuale musulmano: piena libertà religiosa e laicità dello Stato.
Lahore (AsiaNews) – Il monito del papa a Islamabad per “l’abrogazione” della legge sulla blasfemia mostra la profonda spaccatura che attraversa il Pakistan. Leader radicali e movimenti islamici aizzano le folle e accusano Benedetto XVI di voler trascinare “il mondo intero in una guerra mortale”; l’esecutivo in blocco esclude in modo “categorico” modifiche alla norma. A difesa della legge sulla blasfemia si schiera anche un gruppo di giovani avvocati, che si professa “liberale”, ma assume posizioni sempre più estremiste. Tuttavia alcune frange della politica, della società civile ed esperti di legge islamica giudicano “positivo” il discorso del pontefice e mostrano di apprezzare “il richiamo alla libertà religiosa”. Fra i promotori di un cambiamento Bilawal Bhutto Zardari, che bolla come “veri blasfemi” quanti celebrano la morte di Salman Taseer e invita il governo a “difendere le minoranze”. 
 
Ieri a Lahore diversi esponenti di Jamaat-e-Islami (JI) hanno manifestato contro il discorso di Benedetto XVI. Liaquat Baloch, segretario generale di JI, ha bollato le parole del papa come “folli” perché mettono in pericolo “la sicurezza dei cristiani pakistani”. Egli annuncia un’altra marcia a Lahore il 30 gennaio e continue agitazioni fino a che il Parlamento “ritirerà l’emendamento avanzato da Sherry Rehman”. Il leader radicale islamico sottolinea infine che Mumtaz Qadri – l’assassino del governatore del Punjab – gode del sostegno “di tutta la nazione” e  “onorati e orgogliosi” avvocati ne assicureranno il rilascio.
 
A difesa della norma si schiera pure un gruppo di giovani avvocati del Punjab, già protagonisti nel 2007 e nel 2008 delle proteste contro la decisione dell’ex presidente Musharraf di cacciare il capo della Corte suprema Iftikhar Chaudhry. Considerati un baluardo di democrazia e libertà, i giovani legali nati sotto la dittatura del generale Zia-ul-Haq (promotore della legge sulla blasfemia, nel 1986) ora sono un segnale della “deriva fondamentalista” del Paese. Il loro leader è Rao Abdur Raheem, 30 anni, che ha fondato un forum su internet chiamato “Movimento per proteggere la dignità del profeta”. Essi dichiarano di agire in modo indipendente e di sentirsi liberali; la norma sulla blasfemia è “legittima” e affermano che Mumtaz Qadri è “innocente fino a prova contraria”.
 
Dal fronte governativo, il premier Yousaf Raza Gilani esclude in maniera “categorica” modifiche alla legge, sostenuto dal Ministro per gli affari religiosi Khursheed Shah che sconfessa le proposte avanzate dalla collega di partito (Ppp) Sherry Rehman, favorevole ad emendamenti. Minacce giungono anche da studiosi di legge islamica che intimano ai cristiani pakistani di “evitare la formazione di un partito” che persegua l’abrogazione della norma; un leader islamico di Faisalabad – in condizioni di anonimato – conferma ad AsiaNews che ogni iniziativa per la cancellazione “porterà ancora più confusione nella società”.
 
Tuttavia, emergono alcune frange musulmane moderate e leader religiosi che plaudono al discorso del papa, perché rappresenta un segno di speranza. Il mullah Mehfooz Ahmed afferma di apprezzarne “le opinioni” ed è tempo di “promuovere la libertà religiosa”. Egli sostiene la richiesta di Benedetto XVI per l’abrogazione delle leggi sulla blasfemia, che vengono “utilizzate solo per dirimere controversie personali”. Proprio ieri è divenuta pubblica la condanna di Muhammad Shafi, 45 anni, e suo figlio Muhammad Aslam, 20, entrambi musulmani. Un tribunale del Punjab ha decretato l’ergastolo e il pagamento di una multa perché colpevoli di blasfemia. In realtà sembra che alla base dell’accusa vi siano dissapori con un altro musulmano della zona; a inasprire i contrasti vi è anche l’appartenenza a due diverse scuole – Deobandi e Barelvi – della tradizione islamica sunnita.
 
Contro l’omicidio di Salman Taseer e la progressiva “islamizzazione” del Pakistan è intervenuto Bilawal Bhutto Zardari, presidente del partito di governo, che bolla come “veri blasfemi” quanti celebrano l’assassinio del governatore del Punjab. Figlio dell’ex premier Benazir Bhutto e dell’attuale presidente Zardari, il giovane politico pakistano condanna le violenze in nome dell'islam e invita a difendere le minoranze del Paese, ma glissa quando si tratta di assumere una posizione netta contro la norma incriminata. Un atteggiamento che viene criticato da Shehrbano Taseer, figlia del governatore, che ad AsiaNews denuncia le incongruenze del partito di governo, lo stesso partito al quale era legato il padre. Nel 2008, spiega Shehrbano, il Ppp ha promesso una "revisione" degli elementi fonte di contrasto sociale e religioso, ma "le dimostrazioni dei gruppi religiosi contro la grazia per Asia Bibi" hanno stravolto l'agenda di partito e governo.
 
Mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rawalpindi, conferma ad AsiaNews che il governo “è sotto pressione” dei partiti religiosi e “ha compiuto una virata di 180° sugli emendamenti alla legge sulla blasfemia”. Il prelato marca le “chiare differenze di opinioni” fra i vari membri del Partito popolare pakistano. L’unica certezza, chiarisce infine l’intellettuale musulmano Babar Ayaz, è che “non vi è piena democrazia”, se non è inserita in un contesto di Stato “laico”. In linea con il pensiero del papa, egli aggiunge che è necessaria la piena libertà religiosa, perché “non si può imporre ad altri il proprio credo”.