Ieri, Rodolfo Diamante, segretario per la pastorale nelle carceri per la Conferenza episcopale filippina, ha invitato le autorità a cercare una soluzione più profonda al problema, invece di cercarne una immediata. “Quelli che premono per il ritorno della pena di morte – ha affermato – devono per prima cosa fare rispettare la legge e concentrarsi sulla prevenzione dei crimini”.
Diamante ha sottolineato gli alti rischi di un tale provvedimento in un Paese con un tasso di corruzione fra i più alti al mondo. “Per far rispettare la legge – ha aggiunto – è necessario avere la certezza di chi si arresta e se questi sconta la pena. Senza di ciò avremo sempre di più persone che riescono a eludere la giustizia”.
Abolita all’indomani della caduta del dittatore Marcos nel 1987, la pena di morte è stata cancellata e ripristinata più volte nelle Filippine. Il provvedimento più recente risale al giugno 2006, quando il presidente Gloria Arroyo, ha deciso di abolire la pena capitale pochi giorni prima del suo viaggio in Vaticano per incontrare Benedetto XVI.
In questi ultimi anni, la crescita continua di casi di omicidio, rapimenti e stragi, ha però spinto politici e membri della società a chiederne la reintroduzione, almeno per i crimini più efferati. In molti però stanno valutando la reale efficacia del provvedimento, che vede tra i suoi oppositori anche il presidente Beniño Aquino.