Naypyidaw, prima seduta del Parlamento “farsa” birmano
Tra i proclami della giunta militare e l’indifferenza della popolazione, oggi nella capitale aprono i lavori le due Camere. Fra i primi impegni, l’elezione del nuovo presidente del Myanmar. La dittatura ha imposto una rigida censura, impedito l’accesso ai giornalisti. Restano esclusi la Nld e Aung San Suu Kyi.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Si è aperta oggi la prima seduta del Parlamento birmano a Naypyidaw, tra imponenti misure di sicurezza e l’indifferenza generale della popolazione. La gente considera la nuova assise una cortina fumogena, che non cambia la sostanza del Paese: il potere resta saldo nelle mani dei militari, che hanno imposto il silenzio stampa sull’avvio dei lavori delle due assemblee legislative (“Hluttaws”). Fra i primi compiti, l’elezione del nuovo (e primo) presidente.
 
I giornalisti non hanno potuto assistere alla prima seduta del nuovo Parlamento, uscito dalle elezioni “farsa” tenute il 7 novembre scorso. Dal 1962 in Myanmar vi è al potere una dittatura militare che, negli ultimi due decenni, ha stretto sempre più le proprie maglie. Il 25% dei seggi è riservato ai membri dell’esercito e il restante 75% è stato conquistato da rappresentanti del partito a essi vicino.
 
Una ventina di giornalisti hanno raggiunto la capitale Naypyidaw ma, a dispetto degli annunci delle scorse settimane, non hanno ottenuto l’autorizzazione a filmare o effettuare servizi. Reti di filo spinato circondano gli edifici che ospitano le Camere; ai deputati, inoltre, non è concesso accedere all’aula con telefoni cellulari o macchine fotografiche.
 
La giunta militare celebra la giornata come “alba di una nuova democrazia”. I critici parlano al contrario di un’operazione di facciata, che non cambia la sostanza: il Paese resta nelle mani dei vertici dell’esercito, guidati dal generalissimo Than Shwe. La popolazione non è interessata ai lavori parlamentari, perché impegnata nella sopravivenza quotidiana.
 
Restano esclusi dalle “Hluttaws” i rappresentati del principale partito di opposizione, la Lega nazionale per la democrazia (Nld) che ha rifiutato di partecipare al voto del 7 novembre e la leader della lotta democratica birmana, Aung San Suu Kyi.