Il governo del Bhutan non riconosce nessuna missione cristiana
di Nirmala Carvalho
Per Tek Nath Rizal, dissidente bhutanese in esilio, non vi è nessun documento o dichiarazione formale ad attestare la notizia, già rilanciata da molte agenzie di stampa internazionali. “Il passato ci insegna che questo tipo di dichiarazioni sono solo annunci di propaganda del governo per far credere al mondo esterno che il Bhutan accetta tutte religioni”.
Kathmandu (AsiaNews) – Il riconoscimento di una missione cristiana in Bhutan, rilanciata nei giorni scorsi da diverse agenzie internazionali è solo una dichiarazione verbale e non vi è nessun documento che ne attesti la veridicità. Lo dichiara ad AsiaNews Tek Nath Rizal, ex consigliere reale in esilio in Nepal e fondatore del Bhutanese Freedom Movement.

“Il passato – afferma il dissidente – ci insegna che questo tipo di dichiarazioni sono solo annunci di propaganda del governo per far credere al mondo esterno che il Bhutan accetta tutte le religioni”.

Nei giorni scorsi, molte agenzie affermavano che il governo avrebbe consentito ai cristiani di registrarsi come organizzazione riconosciuta dallo Stato. Il fatto renderebbe il culto cristiano pubblico e non più solo privato e due ordini missionari cattolici indiani hanno già annunciato la disponibilità ad aprire una missione in Bhutan.

Rizal sottolinea  che l’eventuale sottoscrizione o riconoscimento di una organizzazione cristiana non cambierebbe comunque l’attuale situazione di discriminazione. “Se l’autorità vuole sul serio riconoscere i cristiani – fa notare il dissidente – dovrebbe dare accesso alle missioni cristiane internazionali”. La semplice registrazione implica infatti uno stretto controllo delle attività da parte dello Stato, che nonostante le aperture di questi ultimi anni, impone a tutti, fatta eccezione per gli indù, di praticare le tradizioni buddiste.  Il dissidente spiega che a capo di tutte le organizzazioni religiose ammesse nel Paese - buddismo e induismo - vi sono gli ngalons, cioè funzionari che dipendono direttamente dal re. Per controllare la conformità delle altre religioni ai dettami imposti dal governo essi hanno accesso a tutte le informazioni relative a responsabili delle comunità, finanziamenti e luoghi di culto. “Anche un’eventuale organizzazione cristiana – aggiunge – sarebbe controllata dai funzionari statali incaricati di verificarne le attività ed eventualmente di censurarle”.    

Dal 2006 il governo del Bhutan ha iniziato a promuovere una democrazia formale, dopo secoli di monarchia assoluta che proibiva la pratica di religioni diverse dal buddismo. La nuova costituzione varata nel 2008 prevede la libertà di fede per tutti i bhutanesi, previa la segnalazione alle autorità competenti. Tuttavia è vietato il proselitismo, la pubblicazione di bibbie, la costruzione di scuole cristiane e l’ingresso ai religiosi. Nonostante la democrazia, il regno riceve continue accuse di violazione dei diritti umani, soprattutto contro dissidenti politici e minoranze etniche.