Si è concluso senza grandi novità l’annuale Forum economico di Davos
Esperti e leader politici hanno celebrato la crescente importanza dei Paesi emergenti come Cina e India, ma hanno solo riproposto strategie ben note. Analisti osservano che il gotha dell’economia mondiale non aveva previsto le rivolte sociali in atto nel mondo arabo.

Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) – Le economie dei Paesi emergenti, anzitutto quelli del Bric (Brasile, Russia, India e Cina), traineranno la ripresa economica mondiale, celebrata con grande ottimismo dall’annuale Forum economico mondiale nella svizzera Davos. Ma analisti osservano come le proteste di piazza in Egitto, Tunisia e altri Paesi arabi sfuggano alle previsioni e agli schemi discussi in questi giorni.

Gli oltre 2.500 esperti e leader politici riunitisi dal 26 al 29 gennaio hanno sottolineato i dati positivi dell’economia mondiale: la Cina cresce del 10% circa nel 2010, l’India dell’8,5%, anche gli Usa hanno una ripresa del 3%. Il Fondo monetario internazionale prevede che nel 2011 i mercati emergenti cresceranno del 6,5%, rispetto al 2,5% dei Paesi sviluppati.

I Paesi emergenti incassano con piacere i complimenti e la fiducia mondiale, e si preparano a chiedere di ridisegnare a loro favore la mappa del potere economico mondiale.

Gli esperti mondiali hanno pure discusso e criticato le politiche economiche e monetarie dei grandi Paesi, secondo scenari già ben noti, dalla Cina, che tiene lo yuan sottostimato per non compromettere la competitività dei suoi prodotti, agli Stati Uniti che immettono liquidità nel mercato per mantenere elevato il tenore di vita interno, ma con ricadute inflazionistiche mondiali, al problema della debolezza dell’euro e della capacità dell’Unione europea di assorbire le crisi di alcuni Stati membri.

Analisti osservano che le discussioni economiche di Davos non sempre sono risultate aderenti alla realtà effettiva: come non era stata prevista la gravità della crisi economica globale di alcuni anni fa, così gli analisti non avevano previsto le proteste sociali esplose proprio in questi giorni nel mondo arabo. Di questi scenari si è parlato soprattutto per i possibili effetti collaterali: se l’Egitto sprofonda nell’instabilità, ci si chiede che ricadute ci saranno sul Canale di Suez, dove transita gran parte dell’energia diretta in Europa, e sul prezzo del petrolio.