Bangladesh in rivolta per il caro prezzi, timori per le minoranze etniche e religiose
di Nirmala Carvalho
In migliaia per le strade delle principali città del Paese chiedono le dimissioni del governo, accusato di opprimere la popolazione. Oltre 40 feriti negli scontri con la polizia. Vescovo di Dinajpur sottolinea il rischio di una strumentalizzazione degli estremisti islamici. Educazione e dialogo interreligioso testimoniati dalla Chiesa i due elementi fondamentali per dare più diritti alle minoranza e portare il Paese verso il cambiamento.

Dhaka (AsiaNews) – Nelle principali città del Bangladesh, migliaia di persone sono scese in strada ieri,  per protestare contro il caro prezzi e chiedere le dimissioni del governo accusato di opprimere la popolazione e imprigionare dissidenti e attivisti. Al momento il bilancio delle rivolte è di oltre 40 feriti e 43 arresti. Nuove proteste e scioperi sono previsti nei prossimi giorni.    

Intervistato da AsiaNews, mons. Moses M. Costa, vescovo di Dinajpur (Bangladesh settentrionale), afferma che la crisi economica e politica potrebbe dare spazio agli estremisti islamici, con un grave pericolo per le minoranze etniche e religiose. Per il prelato la libera educazione e il lavoro di dialogo interreligioso testimoniati dalla Chiesa sono i due elementi fondamentali per dare più diritti alle minoranze e portare il Paese verso la piena democrazia.

Mons. Costa è stato ordinato vescovo di Dinajpur nel 1996. La diocesi ha circa 50mila fedeli cattolici, soprattutto tribali. Nel distretto di Dinajpur vivono oltre 2 milioni di persone e i musulmani sono la maggioranza,        

Come  vede la situazione del Bangladesh alla luce delle rivolte avvenute in Medio Oriente?

Siamo preoccupati per gli avvenimenti che stanno colpendo i Paesei arabi. Ho affrontato questo problema con alcuni fedeli della mia diocesi e stiamo cercando di capire quale tipo di impatto potrebbero avere nel nostro Paese. La pressione degli estremisti islamici è in crescita e negli ultimi cinque anni l’Arabia Saudita ha finanziato oltre 34mila nuove madrasse. Per avere una vera democrazia ci vorrà ancora molto tempo. Al momento i due partiti principali, il Bangladesh Nationalist Party e la Bangladesh Awami League, sono guidati da due donne che continuano a scontrarsi per il potere e questo causa malcontento tra i musulmani. Io però sono fiducioso che in futuro qualcosa cambierà. Io ho diversi contatti con i gruppi islamici moderati che hanno posizioni più liberali, ma non escono con dichiarazioni pubbliche per paura dei fondamentalisti.

Qual è la testimonianza della Chiesa cattolica in Bangladesh?

La testimonianza principale della Chiesa è nell’istruzione aperta a tutti. In Bangladesh noi cristiani siamo meno dell’1% su una popolazione di 129 milioni e solo nella nostra diocesi abbiamo una scuola superiore e molte scuole elementari. L’istituto più importante ha circa tremila studenti. Di questi solo 200 sono cattolici, gli altri sono tutti musulmani o tribali. Grazie a questa apertura la gente manda volentieri i propri figli nelle nostre scuole e usufruisce del nostro servizi di assistenza dei poveri e dei malati.

Un altro tipo di testimonianza sono le suore di Madre Teresa. Nella diocesi di Dinajpur vi è solo un convento delle Missionarie della carità. Nonostante il numero esiguo le suore stanno facendo un lavoro meraviglioso. Esse assistono i malati di tutte le fedi e visitano i villaggi più sperduti, portando speranza alla gente. Proprio perché siamo una minoranza sparuta tutti beneficiano del nostro lavoro.

I cristiani come sono inseriti all’interno della società?

In generale abbiamo un buon rapporto con il governo e con la maggioranza dei musulmani. Ma i nostri problemi passano inosservati perché non abbiamo voce a sufficienza per farci sentire. Spesso subiamo discriminazioni. La gente comune non è contro di noi, ma è indifferente ai nostri problemi. I nostri bambini non vogliono andare nelle scuole pubbliche, dove vengono maltrattati solo perché parlano una lingua diversa dalla lingua nazionale. Per questa ragione i tribali hanno bisogno di piccole scuole per poter essere in grado di imparare il bangla, la lingua nazionale, necessaria per poter andare alle scuole superiori e superare il complesso di inferiorità che li allontana dalla società. 

Lo Stato come tratta le minoranze?

Le minoranze non sono nominate nella Costituzione e non godono di nessuna garanzia. Ecco perché la nostra gente non ha possibilità di sviluppo ed emancipazione. Tribali ed altre minoranze devono competere con la maggioranza musulmana in ogni aspetto della vita e non hanno l’adeguata formazione per poter affrontare una simile difficoltà. Essi sono poveri anche dal punto di vista religioso, perché non approfondiscono il significato di ciò in cui credono. Noi ad esempio abbiamo  conversioni e vocazioni, ma chi chiede di diventare sacerdote ha spesso un background culturale troppo basso, per poter dire messa e dare i sacramenti. Le minoranze hanno bisogno di opportunità, soprattutto nella formazione professionale, in modo da poter sfruttare i settori più competitivi. Senza formazione ed educazione la nostra gente ha poche possibilità di sviluppo.