Religiose: governo inefficace sulle violenze contro le donne migranti
di Melani Manel Perera
Sale da 18 a 21 anni. Ma alcune religiose sono convinte che la legge sia inutile, a fronte delle oltre 4mila denunce per abusi, violenze e torture registrate nel solo 2009 dallo Sri Lanka Bureau of Foreign Employment.
 Colombo (AsiaNews) – Il governo dello Sri Lanka ha alzato il limite minimo d’età da 18 a 21 anni, in risposta ai numerosi casi di violenze, abusi e torture sulle donne migranti, spesso minorenni. Alcune suore impegnate in questo campo criticano però la legge ritenendola inutile, e sono convinte che a dover cambiare sia il meccanismo governativo che regola l’emigrazione, aumentando i controlli e dando maggiori garanzie. La proposta sull’innalzamento del limite di età è stata presentata da Dilan Perera, ministro della Promozione del lavoro estero e del welfare. Il dibattito sulle lavoratrici migranti minorenni si è fatto più acceso quando nel giugno del 2007 Rizana Nafeek è stata condannata a morte per il presunto omicidio di un neonato, figlio della famiglia da cui era andata a lavorare come cameriera a soli 17 anni.

Secondo dati elaborati dallo Sri Lanka Bureau of Foreign Employment circa il 50% dei migranti sono donne, che vanno a lavorare come lavoratrici domestiche. La maggior parte delle denunce per abusi proviene dall’Arabia Saudita. Solo nel 2009, l’ufficio ha ricevuto 5.796 reclami, di cui quasi il 40% dal Regno. Del numero totale 4.564 erano donne, intorno ai 18 anni o poco più grandi. Almeno 1,8 milioni di cittadini dello Sri Lanka lavorano all’estero. Si stima che le entrate estere frutto dei lavoratori migranti abbiano raggiunto i quattro miliardi di dollari nel 2010, rispetto ai 3,3 miliardi di dollari nel 2009.

Suor Noel Christine, delle suore della Carità, è coordinatrice dell’organizzazione Shramabhimani Kendraya. Secondo la religiosa, la legge voluta dal governo è “inefficace”, perché a subire abusi e violenze sono donne migranti di ogni età: “La scorsa settimana una donna di 35 anni è tornata dopo appena un mese dall’Arabia Saudita, dove lavorava come cameriera. I medici l’hanno dovuta operare d’urgenza dopo aver scoperto che dei fili metallici erano stati inseriti nel suo corpo”.

Per suor Christine manca un maggior controllo da parte delle autorità, come ricorda il caso di Rizana, riuscita a entrare in Arabia Saudita con un documento falso rilasciato proprio da un ufficio governativo. Secondo la religiosa il governo “manda” le donne a lavorare in altri Paesi “per favorire le entrate di valuta estera in Sri Lanka e alleviare la crisi economica e sociale dello Stato”.

Secondo suor Janet, coordinatrice nazionale della Commissione nazionale cattolica (Cnc) per migranti, turisti, prigionieri e operatori sanitari, il problema è che “non esiste un sistema adeguato nella ricerca di lavoro all’estero. Gran parte delle denunce riguardano salari non pagati, troppe ore di lavoro, nessun riposo, reclusione nei posti di lavoro, violenze fisiche e sessuali”. “Bisognerebbe rendere le donne – continua suor Janet – capaci di lavorare anche in campi differenti e trovare opportunità lavorative a livello locale”.

Suor Ushani Perera, delle sorelle della Croce di Chavado e coordinatrice del Women Desk della Caritas Sri Lanka, richiama infine la necessità di un “controllo reale degli uffici responsabili, incluse le agenzie estere d’impiego che aiutano le persone a preparare i documenti essenziali”.