Islamologo: Paesi arabi, rivolte di popolo senza derive fondamentaliste
Francesco Zannini, islamologo del Pisai, sottolinea la positività dei movimenti di protesta, che restano però ancora senza un leader. Per lo studioso il processo verso la democrazia è ancora molto lungo e durerà anni. In due milioni al Cairo celebrano la caduta di Mubarak e chiedono ai militari un nuovo governo e riforme democratiche.
Roma (AsiaNews) – “Le rivolte e i movimenti che hanno fatto cadere i governi di Tunisia ed Egitto sono un fatto interessante e positivo. Essi vengono dal basso e la gente non ha manifestato sotto la bandiera dell’Islam e dell’antioccidentalismo”. E’ quanto afferma ad AsiaNews Francesco Zannini, esperto di islam e docente presso il Pontificio Istituto di studi arabi e di islamistica (Pisai) di Roma.  

Per lo studioso, il cambiamento epocale che sta coinvolgendo i Paesi arabi è però ancora difficile da interpretare e i risultati e le speranze ottenuti grazie alle rivolte restano incerti. Zannini fa notare che “i movimenti sono ancora senza leader e il processo verso la democrazia sarà ancora molto lungo”. “In Egitto – afferma - ci sono ancora molti partiti, da sempre ai margini della politica, che fanno fatica ad affermarsi e ad organizzarsi. La Tunisia, dopo la cacciata di Ben Alì sta vivendo un vuoto di potere e in altri Paesi come  Bahrain e Yemen vi è il rischio che salti l’autorità e non si sa chi prenderà il potere”. “Anche se vi saranno delle elezioni – aggiunge – questi Paesi impiegheranno anni per raggiungere una reale stabilità”.  

Sull’onda delle rivolte di Tunisia ed Egitto, la popolazione di Yemen, Barhain e Libia è scesa in piazza chiedendo riforme democratiche e la fine dei regimi. Oggi, in decine di migliaia hanno manifestato a Sanaa (Yemen), marciando verso il palazzo presidenziale e lanciando slogan contro il presidente Saleh, definito dittatore e oppressore del popolo. In Bahrain, migliaia di persone hanno partecipato ai funerali dei quattro manifestanti uccisi ieri dalle forze di sicurezza, durante gli scontri nella capitale Manama. In Libia, attivisti per i diritti umani sostengono che almeno 24 persone sono state uccise durante  le proteste che in questi giorni hanno coinvolto diverse città del Paese.

Intanto, in Egitto la popolazione continua a fare pressioni sui militari per ottenere le riforme democratiche promesse dopo le dimissioni di Mubarak. Oggi, al Cairo due milioni di persone sono affluite in piazza Tahrir per celebrare la giornata della vittoria e pregare insieme. Alla manifestazione ha partecipato anche il leader spirituale dei fratelli musulmani Youssef al-Qaradawi, che nel suo sermone del venerdì ha definito le rivolte iniziate il 25 gennaio come la “rivoluzione di tutti gli egiziani musulmani e copti”. Il leader ha esortato i militari a nominare un nuovo governo, definendo quello attuale corrotto e criminale.