Rivoluzione dei Gelsomini: la Cina chiamata in piazza per il 6 marzo
Ieri centinaia di poliziotti hanno presidiato le maggiori città per impedire inesistenti manifestazioni di protesta, annunciate via internet, come una settimana fa. Sciolto con la forza ogni assembramento, percossi e arrestati giornalisti esteri. Oggi su internet proclamata una protesta generale per il 6 marzo.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Prova di forza della polizia che ieri presidia Pechino, Shanghai e altre grandi città, dove attivisti avevano invitato via internet la popolazione a scendere in piazza e protestare contro la politica del governo. Cacciati e malmenati i giornalisti stranieri. Ma oggi su internet c’è un nuovo invito a manifestare in piazza domenica 6 marzo.

La continua censura statale su internet non è riuscita a impedire il diffondersi dell’invito alla popolazione a manifestare ieri nelle grandi città, per una protesta analoga alla “Rivoluzione del Gelsomino” che sta scuotendo l'Africa del Nord.

La polizia ha presidiato le maggiori città ed ha subito sciolto qualsiasi assembramento, anche con la violenza. Nelle piazze di Shanghai la polizia ha usato fischietti, altoparlanti e cani poliziotto per sollecitare senza sosta la popolazione a “circolare”.

A Pechino oltre 300 funzionari con autocisterne hanno “inzuppato” d’acqua gli assembramenti che non si scioglievano subito e hanno bloccato l’accesso ai luoghi dove si formavano gruppi  di persone.

Ovunque le autorità sono intervenute con la forza anche contro i giornalisti esteri, impedendo loro di prendere filmati e fotografie e di intervistare i passanti. Almeno 10 giornalisti esteri, inviati della Bbc, di Voice of America e delle radio tedesche Ard e Zdf, sono stati fermati e portati alla stazione di polizia e poi rilasciati. L’agenzia Bloomberg denuncia che un corrispondente è stato scalciato e percosso da “personale di sicurezza" in abiti civili.

Di fatto non ci sono state vere proteste e molti si chiedono se l’effetto voluto non fosse proprio costringere la polizia ad affannarsi per impedire inesistenti dimostrazioni, chiaro sintomo del grande timore delle autorità per una protesta popolare simile a quella in atto in Paesi arabi e del Nord Africa. Già la settimana precedente le autorità avevano presidiato in forze le piazze vuote di 13 grandi città per le quali su internet c’era stato l’invito a manifestare. Le rivolte del mondo arabo hanno preso il via dalle critiche contro i prezzi alti degli alimenti, dalla disoccupazione e dalla corruzione. Il 26 febbraio il premier Wen Jiabao, rispondendo per 2 ore in una chat su internet, ha promesso interventi sulle questioni più a cuore alla popolazione: la rapida inflazione, le disuguaglianze sociali, il rallentamento della crescita economica, la corruzione dei pubblici funzionari.

Intanto oggi su internet, su Facebook e Twitter e altri social network, aggirando il sistema di censura statale “Great Firewall”, già c’è l’invito anonimo a scendere in piazza domenica 6 marzo in numerose città per “marce del Gelsomino”. Gli organizzatori hanno “espresso la più ferma condanna del governo cinese per gli arresti di persone innocenti e l’ostruzione alla diffusione globale di notizie” e confermato la convinzione che “questo non può fermare lo sviluppo della Rivoluzione cinese del Gelsomino”. A Pechino il 3 marzo inizia l’annuale Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese e il 5 marzo si apre l’Assemblea Nazionale del Popolo.

Il noto giornalista Cheng Yizhong afferma che “gli ultimi 10 anni hanno visto la graduale affermazione di un nuovo capitalismo di Stato, che monopolizza quasi tutte le risorse del Paese. Le modalità del rapido sviluppo cinese hanno portato a una superficiale prosperità ed ha approfondito le disparità sociali, la maggioranza della popolazione è rimasta esclusa da [i benefici delle] riforme politiche”. Queste disuguaglianze economiche sono causa di tensioni e “senza giudici indipendenti e libertà di parola, il governo non ha credibilità agli occhi della popolazione”.