Kathmandu: attivista tibetana stuprata da un soldato
di Kalpit Parajuli
La violenza è frutto della campagna di repressione contro i tebetani lanciata dal governo in accordo con Pechino, in vista del 60mo anniversario dell’invasione cinese di Lhasa. Mobilitati oltre 1500 tra soldati e poliziotti per fermare eventuali manifestazioni .
Kathmandu (AsiaNews) – Continuano le violenze di esercito e polizia nepalese contro i profughi tibetani, che oggi ricordano il 60mi anniversario dell’invasione cinese del Tibet. In questi giorni una giovane attivista tibetana è stata stuprata da un soldato vicino al tempio buddista di Swoyambhunath (Kathmandu) mentre acquistava una bandiera del Tibet. La notizia è stata confermata oggi dalle autorità, che hanno arrestato il militare, dopo le proteste contro la polizia organizzate dalla comunità tibetana.   

La ragazza, originaria del distretto di Ramechap (al confine con il Tibet), ha dichiarato che l’uomo la seguiva da giorni e ha abusato di lei solo perché attiva sostenitrice della causa tibetana. A tutt’oggi il militare ha confessato lo stupro, ma non il movente.

Tsering Lama, attivista tibetano, sottolinea che per non vernir meno agli accordi con Pechino “il governo ha dato ordine al personale di sicurezza di sopprimere le manifestazioni anticinesi in tutti i modi, anche con la violenza mirata contro gli attivisti”.

Oggi, Milan Tuladhar, consulente del Primo ministro ha ammesso che “governo riceve direttive precise dalla Cina contro le proteste degli esuli, ma non ha mai violato i diritti umani”. 

Intanto, in vista di manifestazioni anticinesi, le autorità hanno dispiegato oltre 1500 tra militari e poliziotti davanti all’ambasciata di Pechino e nei quartieri a maggioranza tibetana.

Dopo l’invasione di Lhasa del 1951 e l’esilio del Dalai Lama in India (1959), il Nepal ha ospitato migliaia di rifugiati in fuga dal Tibet, consentendo ad essi il sostegno del governo in esilio. A tutt’oggi gli esuli sono oltre 20mila.  

Con la caduta della monarchia nepalese nel 2006 e la salita al potere dei partiti maoista (Unified Communist Party of Nepal)  e leninista-marxista (Unified Marxist–Leninist) il Paese ha iniziato a stringere accordi economici con Pechino, vietando agli esuli ogni tipo di manifestazione anti-cinese. Il 13 febbraio scorso la polizia ha fermato le elezioni interne alla comunità tibetana, facendo irruzione nei seggi e sequestrando schede e materiale elettorale.