Citando vari passi delle Scritture, il card. Ranjith ha mostrato come l’olio simboleggi non solo il bisogno primigenio che l’essere umano ha di nutrimento fisico e spirituale – quando tutto il cibo è esaurito in tempo di siccità, la vedova di Sarepta ha ancora “un pugno di farina in un vaso e un po’ d’olio in una brocca” (1 Re 17:12) –, ma sia anche il segno con cui Dio consacra gli eletti. “Ricordiamo Aaron, il sommo sacerdote; Saul, il primo re di Israele; Davide e Salomone. Gesù stesso consacra la propria missione – prosegue l’arcivescovo – definendosi ‘unto del Signore’”.
“Questo vale anche per noi – conclude il card. Ranjith – miei cari fratelli nel sacerdozio: la nostra missione sacerdotale altro non è che la continuazione della missione di Gesù, l’unto del Signore. Noi stessi siamo stati unti con l’olio del Crisma, a simboleggiare il nostro essere diversi, perché consacrati e santificati a Dio. Con gli oli benedetti e consacrati, siamo stati unti al Battesimo, alla Cresima e alla nostra ordinazione. Questa nostra condizione, non è per isolarci, ma è il modo che Dio ha di servirsi di noi, per aiutare il mondo e l’umanità a sollevarsi al suo livello”.