Siria, città sotto assedio e oltre mille arresti in due giorni
A Daraa organizzazioni per i diritti umani denunciano arresti arbitrari e interrogatori anche negli ospedali. Esercito e miliziani fedeli al regime di Assad circondano la città di Baniyas, per evitare possibili rivolte. Primo ministro turco condanna la repressione e ricorda lo spettro dei 20mila morti di Hama nel 1982.
Beirut (AsiaNews/ Agenzie) – Con oltre 1000 arresti in due giorni, il regime siriano continua la repressione delle proteste pro-democrazia. Secondo la National Organization for Human Rights in Syria, le autorità stanno arrestando soprattutto scrittori, intellettuali e attivisti noti per essere a favore delle riforme, con l’accusa di “macchiare il prestigio dello Stato”. Il reato prevede una condanna a tre anni di carcere.  La maggior parte degli arresti sono avvenuti a Daraa, città sud occidentale della Siria centro delle proteste iniziate lo scorso 15 marzo.

La dura repressione del presidente Bashar al-Assad per riprendere il controllo del Paese, sta trasformando le città siriane in campi militari. In meno di due settimane l’esercito ha invaso con migliaia di soldati le città di Daraa, Baida e da ieri ha messo sotto assedio Baniyas. Fonti locali dichiarano che a Daraa, dopo l’invasione  dello scorso 26 aprile, l’esercito ha arrestato quasi 500 persone e in questi giorni ha organizzato un mega interrogatorio dentro lo stadio cittadino. Chi riesce a fuggire da Daraa dice che la città è completamente in mano a esercito e polizia, che hanno blindato anche gli ospedali, interrogando feriti e moribondi. Per prendere il controllo di Baniyas, città di 50mila abitanti a maggioranza sunnita, le autorità del regime stanno armando le milizie alawite fedeli al clan degli Assad residenti nei villaggi limitrofi. Fonti locali affermano che l’esercito ha già il controllo dei quartieri settentrionali e meridionali della città  e sta avanzando verso il centro.

A tutt’oggi, la repressione militare del regime siriano ha provocato, ufficialmente, oltre 560 vittime. Ciò spaventa la comunità internazionale, che teme nuovi massacri nei prossimi giorni. Ieri, Tayyip Erdogan, Primo ministro turco, ha condannato la politica repressiva di Damasco e ricordato ad Assad lo spettro del massacro di Hama del 1982, costato la vita a oltre 20mila persone. Anche gli Usa guardano con timore all’escalation siriana. Ieri, Mark Toner portavoce del dipartimento di Stato ha definito “barbare” le misure punitive portate avanti da Damasco contro i civili innocenti e ha ribadito la necessità di sanzioni immediate contro il regime. Più timida la reazione dell’Unione Europea, dove solo la Germania si è detta favorevole a sanzioni immediate. A differenza della reazione immediata lanciata contro la Libia, Francia e Gran Bretagna  hanno preferito attendere e annunciano che sottoscriveranno sanzioni solo se preciterà la situazione.