Prof. Del Boca: In questa guerra cinica Gheddafi è l’obbiettivo
di Simone Cantarini
Per Angelo Del Boca, giornalista e storico esperto di Libia, la guerra viola le risoluzioni Onu e durerà a lungo, finché Gheddafi avrà degli armamenti, a tutt’oggi solo parzialmente distrutti. L’azione della Nato è cinica e contraddittoria, iniziata senza approfondire la via diplomatica. Gheddafi, personaggio controverso, ma sostenitore della riscossa degli Stati africani.

Roma (AsiaNews) – La guerra in Libia portata avanti dalla Nato mostra il cinismo dell’Occidente, che con la scusa di portare aiuto ai ribelli della Cirenaica, fa di tutto per uccidere Gheddafi. È quanto afferma ad AsiaNews il prof Angelo del Boca, giornalista e docente univerisitario che da oltre 30 anni studia la Libia e il suo leader.

Personaggio scomodo, in oltre 40 anni di potere Gheddafi ha fatto affari con tutte le potenze del mondo e se ciò venisse allo scoperto non sarebbe edificante per Europa e occidente. Nonostante i suoi crimini, il leader libico in questi anni ha investito le enormi somme di denaro ricavate dal petrolio nello sviluppo degli Stati africani. Oltre metà delle miniere del continente sono finanziate dal governo libico, che ripaga i Paesi costruendo infrastrutture, alberghi ed edifici religiosi.  
 
Intanto, nelle aree controllate dai ribelli della Cirenaica la popolazione muore per gli assalti dei mercenari del rais e soffre per la mancanza di beni di prima necessità. A Tripoli, i raid degli aerei Nato mirati a distruggere rifugi militari e depositi di armi, continuano a fare morti e feriti fra i civili. Gli appelli del Papa e di mons. Martinelli, Vicario apostolico di Tripoli, per un cessate il fuoco immediato e l’inizio di trattative diplomatiche, rimangono inascoltati. Persino il mondo pacifista è ammutolito. Ecco il testo completo dell’intervista al prof. Del Boca.    
 
Secondo lei un conflitto fra le differenti fazioni era prevedibile?
Una guerra civile di queste proporzioni in Libia non era prevedibile. Tuttavia chi conosce bene il Paese sa che le tre regioni, Tripolitania, Cirenaica e il Fezzan, sono sempre state molto autonome e divise fra loro. La Cirenaica, zona in cui è nata la rivolta, subisce da sempre l’influenza della confraternita Senussita (confraternita religiosa islamica fondata da Muhammad ibn Ali al-Sanusi, ndr). Ha dato i natali a re Idris, primo monarca libico e a Omaral-Mukthar, il più importante fra i guerriglieri durante la lotta contro il regime coloniale italiano. In questi anni Gheddafi si è trovato spesso in condizioni molto difficili. Nel 1996 e nel 2002 ha dovuto mandare truppe, marina, esercito e aviazione, per sedare le sommosse. Divisioni e tensioni ci sono anche nel Fezzan, composta soprattutto da tribù e da etnie molto diverse da quelle costiere. L’unica regione ancora fedele a Gheddafi è la Tripolitania, come dimostra il video apparso nei giorni scorsi, dove il rais incontra i capi tribù a lui fedeli.
 
La Nato, le potenze occidentali, l’Italia hanno iniziato questa guerra per proteggere i civili. Cosa ne pensa?
Io sono contrario a questa guerra, perché ne vedo il lato oscuro e penso che violi anche le stesse risoluzioni delle Nazioni unite per le quali è iniziata. Questo attacco era stato preparato da tempo. La Francia aveva già iniziato a bombardare prima del benestare Onu e della Risoluzione 1973. Quindi è chiaro l’interesse viziato di questa guerra. Francia, Gran Bretagna, Italia e gli altri Paesi a favore dell’attacco si sono scordati che l’epoca coloniale è finita. Questo ritorno armato è un segno piuttosto tremendo, soprattutto per l’Italia che ha sempre avuto stretti rapporti con la Libia, durante e dopo il periodo coloniale. In questi ultimi anni, il regime di Gheddafi era passato dalle “giornate della vendetta” a quelle “dell’amicizia”. Tuttavia noi abbiamo preferito buttare bombe.
 
Come giudica la partecipazione dell’Italia ai bombardamenti?
Il nostro intervento è sbagliato per tre motivi: Primo: la nostra costituzione all’articolo 11 ci suggerisce di non usare la guerra come strumento per rimediare alle contese. Secondo: abbiamo un trattato di pace e cooperazione con la Libia e questo patto non si può accantonare se non con l’accordo di tutte e due le parti. Terzo: noi siamo gli ex colonizzatori della Libia e in passato la sua conquista è costata ai libici 100mila morti. Con un fardello di questo genere, non si può di nuovo seminare morte con queste famose “bombe intelligenti”.
 
È ancora possibile un’uscita diplomatica?
Gheddafi ha certamente commesso dei crimini. Tuttavia, oltre alle bombe, è possibile un’altra via per deporlo o fermarlo. Ad esempio, le sanzioni sancite 10 anni fa dai Paesi occidentali hanno funzionato, facendo cambiare atteggiamento al leader libico. Con le sanzioni al posto dei bombardamenti, Gheddafi avrebbe fatto un passo indietro anche questa volta. La guerra crea forti divisioni. Ormai il Paese è spaccato in due. La produzione petrolifera è tutta in Cirenaica. I ribelli possono andare avanti per mesi ad attaccare la Tripolitania, sapendo che il petrolio è al sicuro.
In questi mesi, poco si è fatto per tentare una strada diplomatica, nonostante gli sforzi di mediazione dell’Unione africana. Purtroppo i fatti di questi giorni dimostrano che nessuno ha intenzione di giungere a una tregua e si preferisce continuare una guerra che costa circa 100 milioni di dollari al giorno.
 
Gheddafi si arrenderà o tenterà di resistere?
Il conflitto durerà finché Gheddafi avrà ancora degli armamenti. A tutt’oggi i dati sulla distruzione degli arsenali forniti dalla Nato sono contrastanti. In un primo momento si era parlato di un 30% di mezzi e armi annientati, mentre di recente si è saliti a un 80%. Secondo me, la Nato ha distrutto finora poco più del 30% degli armamenti del rais. Gheddafi andrà avanti fino alla fine, non cederà, preferisce farsi ammazzare, ma di certo non fuggirà. Chi pensa che sia nascosto o scappato non lo conosce. Egli è un personaggio che ha tessuto per 42 anni la sua leggenda e non penso che vorrà distruggerla proprio ora. 
 
Si dice che Gheddafi è stato colpito perché cercava uno sviluppo libero dell’Africa…
Le enormi somme di denaro che Gheddafi ha ottenuto con il petrolio le ha impiegate quasi tutte nel continente Africano e anche con un certo successo. Quando finirà la guerra e si avrà accesso ai documenti dei suoi ministeri, si vedrà che la Libia ha comprato almeno metà delle miniere africane di metalli preziosi, come oro e argento. Ma anche giacimenti di materiali strategici per l’industria. In ogni Paese africano Gheddafi ha messo la sua firma, costruendo alberghi, edifici religiosi, infrastrutture. Le quote dei Paesi membri dell’Unione africana sono quasi tutte pagate dalla Libia.
 
Molti leader occidentali pensano che egli sia un  un personaggio da palcoscenico?
Io non penso che Gheddafi possa essere considerato un personaggio o un clown. Lui ha sempre utilizzato queste forme stravaganti di vestire e di apparire per il suo pubblico, non di certo per noi. Il suo popolo ha sempre un certo interesse a vederlo primeggiare e distinguersi. In realtà lui è tutt’altro che un personaggio da palcoscenico, ma è un uomo con una solidissima cultura. Si è laureato in lingua e letteratura inglese a Bengasi, ha studiato telecomunicazioni a Londra e ha scritto anche libri e racconti. Il più famoso è il “Libro verde”, molto criticabile, ma non tutti i capi di Stato africani hanno scritto libri, compresi i nostri. Se oggi dovessi scegliere un altro personaggio africano da studiare e da tenere in considerazione, mi troverei molto in imbarazzo.
 
Perché l’Occidente si trova così compatto nel fare guerra a Gheddafi?
Gheddafi è di sicuro un personaggio scomodo. Ha fatto affari con tutti, che se venissero allo scoperto non sarebbero di certo edificanti per l’Europa e l’occidente. Far di tutto per uccidere una persona è però esagerato. In queste settimane hanno tentato di ucciderlo almeno quattro volte. Tuttavia la Nato continua a dire che Gheddafi non è l’obiettivo principale. Io non ho mai visto così tanto cinismo come in questa guerra, dove le dichiarazioni sono il contrario dei fatti e non mi aspettavo che dopo il Vietnam, l’Afghanistan e l’Iraq, potessimo ripetere gli stessi gravi errori.