Cirebon: estremisti islamici interrompono funzioni cristiane, la polizia non interviene
di Mathias Hariyadi
I fedeli celebravano alcuni riti legati alla Pasqua, secondo la tradizione locale. Attivista per i diritti umani denuncia l’inerzia delle forze dell’ordine, incapaci di arginare gesti “ostili”. Critiche anche al governo, che non va oltre i proclami di facciata nella tutela della libertà religiosa. La città da luogo “pacifico” si sta trasformando in centro del fondamentalismo.
Jakarta (AsiaNews) – Gruppi estremisti islamici hanno interrotto due funzioni cristiane legate alla Pasqua a Cirebon – città di confine fra West e Central Java – nell’indifferenza della polizia, che non è intervenuta per impedire le violenze. La denuncia arriva da Hendardi, presidente di Setara Institute, ong che si batte per i diritti umani e la libertà religiosa in Indonesia. L’attivista punta il dito contro forze di polizia “impotenti” al cospetto di gesti “ostili” perpetrati da movimenti radicali, che hanno determinato la fine delle funzioni religiose.
 
In Indonesia cattolici e protestanti sono soliti organizzare celebrazioni legate alla Pasqua, anche a settimane di distanza dalla festività ufficiale. Il proposito è quello di rafforzare la fede e l’amicizia all’interno della comunità, attraverso la recita del rosario, giochi per i più piccoli – fra cui la celebre “caccia all’uovo” pasquale – e altre attività di sfondo sociale.
 
Il presidente di Setara riferisce che il 17 maggio scorso un gruppo formato da 20 estremisti, guidati dal leader Andy Mulya, ha fatto irruzione al Gratia Palace e all’hotel Apita, a Cirebon, interrompendo le funzioni cattolica e protestante. I fedeli hanno opposto resistenza, sottolineando di aver ottenuto tutti i permessi dalle autorità. Tuttavia, l’inerzia della polizia – che per legge deve autorizzare e presenziare a eventi “pubblici” – ha permesso ai membri del Gapas (acronimo del movimento “Contro il proselitismo e gli insegnamenti illeciti”) di bloccare i riti.
 
Dagli archivi di Setara emerge che di recente il Gapas ha più volte messo a repentaglio l’armonia interconfessionale, attaccando la minoranza cristiana e la setta ahmadi. E le denunce ai funzionari e alla polizia, aggiungono gli attivisti, cadono spesso nel vuoto, nell’indifferenza del governo centrale e del presidente [Susilo Bambang Yudhoyono], la cui lotta all’estremismo non va oltre i proclami di facciata.  
 
Le violazioni alla libertà religiosa in Indonesia si ripetono grazie anche alla connivenza della polizia e all’immobilità della classe politica. “Basta promesse – sottolinea Hendardi, con un preciso riferimento a Yudhoyono – ora bisogna mostrare gesti concreti”. Oltre agli ultimi casi di abusi, infatti, gli estremisti nei mesi scorsi hanno organizzato manifestazioni di piazza contro la libertà di culto dei cristiani e la costruzione di case per la preghiera.
 
Cirebon, al confine fra West e Central Java, 350 km a est di Jakarta, è diventata famosa nel tempo con il soprannome di “città degli studenti islamici”. Nonostante la schiacciante maggioranza musulmana si è guadagnata la nomea di città “pacifica” perché abitata da appartenenti al Nahdlatul Ulama (NU), la più importante organizzazione musulmana moderata del Paese. Tuttavia nell’ultimo periodo è stata teatro di attacchi e violenze – come l’attentato contro un quartier generale della polizia ad aprile – che hanno ne hanno scalfito l’immagine.