Profughi in Sri Lanka: Dopo oltre 10 anni siamo ancora vittime della guerra
di Melani Manel Perera
Case senza tetti e finestre, latrine senza porte, niente elettricità: nonostante il reinsediamento nel 2005, gli abitanti del villaggio di Villankulam non hanno i beni primari. Per il governo sono “residenti illegali” e ogni richiesta rimane inascoltata. Nonostante le difficoltà, famiglie tamil, singalesi, musulmane e cristiane convivono in totale armonia e pace.
Trincomalee (AsiaNews) – Gli abitanti del villaggio di Villankullam (distretto di Trincomalee, sulla costa orientale dello Sri Lanka) sono ancora oggi vittime di guerra, conclusasi nel 1990. Case spesso sprovviste di porte o tetti, sabbia al posto del pavimento, mancanza di luce elettrica, campi incoltivabili, assenza pressoché totale delle risorse di base: è quanto il governo ha saputo dare come aiuti alla gente dal 2005 a oggi. Colpiti dalla seconda fase del lungo conflitto etnico, gli abitanti del villaggio sono stati sfollati dalle loro case nel 1990, per tornarvi solo nel 2005. Ma le persone lamentano di non avere nulla, sebbene all’atto del reinsediamento Colombo abbia avviato un programma di sviluppo specifico per quelle zone (Eastern Province Rewakening Programme – Negenahira Nawodaya).

Nel villaggio di Villankullam convivono 34 famiglie tamil, 22 singalesi, 3 musulmane e 6 cristiane, tutte in pace e in armonia, senza discriminazioni religiose. I maltrattamenti peggiori vengono dal governo locale, che non fa nulla nonostante abbia l’autorità per sviluppare il villaggio e fare giustizia dopo gli anni della guerra.

Prima del conflitto, il villaggio sorgeva su una terra molto fertile, che garantiva la piena sussistenza dei suoi abitanti grazie anche all’allevamento. Ma adesso, la gente non ha i mezzi per riavviare le piantagioni e le coltivazioni di un tempo senza l’intervento del governo.

Al momento del reinsediamento, la Rotary International Organizations aveva costruito 85 case. Tuttavia, di queste solo 59 sono abitate: polli, galli e altri animali si sono “appropriati” delle altre. In più, le abitazioni non sono affatto sicure, spesso diroccate: “Mancano tetti e finestre, i bagni non hanno le porte, anche se ci sono i muri è molto rischioso e il villaggio è pieno di bambini piccoli”, raccontano alcune donne. Inoltre, gli abitanti denunciano attacchi di animali selvatici, come serpenti ed elefanti.

Le autorità sembrano aver dimenticato il villaggio: né l’ufficiale di villaggio (Grama Sevaka), né il segretario di distretto (Ds) ascoltano le continue richieste di aiuto e servizi degli abitanti. “Ai nostri appelli – afferma Nimal Wijerathna, un operaio – ci sentiamo rispondere che siamo ‘residenti illegali’”.