Aperto a Phnom Penh il processo contro i quattro maggiori esponenti dei Khmer Rossi
Sono accusati di genocidio, per aver provocato la morte di quesi due milioni di persone, un quarto dela popolazione dell’intero Paese. Il tribunale, sostenuto dall’Onu, procede molto lentamente, di fatto appena tollerato anche dall’attuale governo.
Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) – Si è aperto ieri a Phnom Penh il processo per genocidio contro i quattro maggiori responsabili dei Khmer Rossi ancora in vita.

I quattro, accusati della morte di quasi due milioni di persone, sono Nuon Chea, il “Fratello numero due”, capo della sicurezza statale, 84 anni, Khieu Samphan, ex presidente, 79 anni, Ieng Sary, “Fratello numero tre”, ex ministro degli esteri, 85 anni, e sua moglie Ieng Thirith, ex ministro degli affari sociali, 79 anni. Un altro dei responsabili del genocidio, Kaing Guek Eav, conosciuto come Duch, responsabile della prigione S-21di Tuol Sleng, nella quale 15mila persone furono torturate e uccise, è stato condannato, nel 2010 a 35 anni di carcere. Pol Pot, il “Fratello numero uno”, è morto nel 1998.

Il regime dei Khmer Rossi ha governato la Cambogia dal 1975 al 1979, dichiarando l’obiettivo di realizzare pienamente l’utopia marxista. Tutto fu collettivizzato, le città svuotate, abolito il denaro, gli intellettuali mandati a “imparare” la coltivazione della terra. Il tutto imposto con violenza, torture e condanne a morte che sono costate la vita a un quarto della popolazione del Paese.

Il regime fu deposto da un attacco vietnamita.

Il tribunale, sostenuto dalle Nazioni Unite, procede molto lentamente, di fatto mal sopportato anche dall’attuale governo, il cui primo ministro Hun Sen, anch’egli con un passato tra i Khmer Rossi, ha fatto sapere al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che non saranno permesse altre incriminazioni.