Alto Egitto, violenze contro i cristiani in aumento. Bruciate otto abitazioni
Il caso è avvenuto lo scorso 25 giugno nel villaggio di Awlad Khalaf (Suhaj). Oltre 200 estremisti islamici hanno assaltato le abitazioni della locale comunità cristiana accusata di voler costruire una chiesa senza il permesso delle autorità. In aumento anche i casi di rapimento di giovani copte costrette a convertirsi all’islam. Attivisti per i diritti umani denunciano la poca sicurezza nelle aree più povere del Paese dopo la caduta di Mubarak.
Il Cairo (AsiaNews) – Non si fermano gli attacchi contro i cristiani copti e i rapimenti di giovani donne nell’alto Egitto. Lo scorso 25 giugno nel villaggio di Awlad Khalaf (Suhaj, alto Egitto), centinaia di estremisti hanno incendiato 8 abitazioni di cristiani copti (nella foto). Tre persone sono rimaste ferite. Nella regione di Minya due ragazze copte sono state rapite e costrette a convertirsi all’islam. Il 23 giugno scorso a Bani Ahmed, (Minya), un gruppo di salafiti ha attaccato la locale comunità copta durante la messa, minacciando di morte il parroco.  

Secondo fonti di AsiaNews, le violenze contro i cristiani sono ormai all’ordine del giorno nell’alto Egitto, zona dov’è più difficile il controllo da parte di polizia e militari, che spesso simpatizzano per i musulmani. La fonte spiega che gli estremisti fomentano la popolazione ad attaccare i cristiani e utilizzano qualsiasi pretesto per distruggere chiese e abitazioni.

Nel villaggio di Awlad Khalaf gli estremisti hanno agito per fermare la costruzione di un’abitazione privata di circa 350 metri quadri, accusando la comunità cristiana di volerla trasformare in chiesa una volta terminati i lavori. Secondo fonti locali, Wahib Halim Attia, proprietario del terreno avrebbe violato la legge ampliando il progetto iniziale che prevedeva un’abitazione non superiore ai 95 metri quadrati.

P. Weesa Azmy, parroco della chiesa di S. George nel vicino vilalggio di Negou Madam, spiega che l’irregolarità era già stata segnalata ai leader cristiani e musulmani, che senza successo avevano cercato di convincere il proprietario del terreno a interrompere i lavori. Il rifiuto di Attia ha scatenato la reazione dei musulmani che fomentati da alcuni estremisti hanno attaccato anche le abitazioni vicine. La polizia è intervenuta dopo tre ore e ha arrestato solo alcuni giovani fra 10 e 14 anni giunti insieme agli estremisti. Gli autori del gesto restano a tutt’oggi a piede libero e si temono nuovi assalti.

Il vuoto di potere iniziato dopo la caduta di Mubarak ha fatto crescere anche i casi di rapimenti di giovani ragazze copte. Esse vengono prelevate dalle loro a case o per strada dai musulmani, che le obbligano a convertirsi all’islam e a contrarre matrimonio. Il caso più recente è avvenuto lo scorso 12 giugno nella regione di Minya alto Egitto, dove è stata denunciata la scomparsa di due ragazze, Nancy di 14 anni e Christine di 16. Nei giorni scorsi la polizia le ha ritrovate al Cairo, vestite con il niqab, riconoscendole per la croce copta tatuata sulla fronte. Per paura di ripercussioni, le ragazze hanno confessato di essersi convertite all’islam. Le dichiarazioni delle giovani sono state però sconfessate dagli imam dell’Università di Al – Azhar, che con una fatwa hanno negato in modo formale la conversione, sottolineando la minore età delle giovani e il rischio di strumentalizzazioni. Nonostante le proteste delle famiglie le ragazze resteranno in un ospedale psichiatrico, fino al termine delle indagini.

Mark Ebeid, attivista copto per i diritti umani, afferma che queste azioni sono in aumento e sono organizzate con i soldi dell’Arabia saudita. “A queste condizioni – sottolinea – dubito che i cristiani potranno resistere ancora molto in queste zone”. (S.C.)