Hu Jintao mette in guardia il Partito dalla corruzione
di Wang Zhicheng
Nel discorso delle celebrazioni ufficiali per i 90 anni del Pcc, il presidente cinese ricorda che la corruzione rischia di portare alla “morte” il Partito. In meno di 20 anni, 18 mila cinesi dell’establishment hanno trafugato e portato all’estero più di 87 miliardi di euro. Le riforme politiche e la democrazia potrebbero curare la corruzione. Ma il Pcc non vuole perdere la sua supremazia.
Pechino (AsiaNews) – Alle celebrazioni per i 90 anni del Partito comunista cinese (Pcc), il presidente Hu Jintao ha messo in guardia i membri dicendo che il Partito è segnato da “crescenti sofferenze” e che la corruzione sempre più grande spinge la gente a perdere la fiducia in esso.
Hu ha espresso queste idee oggi davanti a migliaia di leader e membri radunati nella Grande Sala del popolo per celebrare la fondazione del Pcc nel 1921.

Le sue parole suonano stonate nel mezzo della frenesia che da mesi caratterizza la Cina, con celebrazioni, spettacoli, canzoni, film, libri, show televisivi sull’eroismo e sui grandi risultati del Partito.

Hu ha detto che “l’incompetenza” di alcuni membri “separati dal popolo” ha creato problemi e per questo è importante che “il Partito imponga una disciplina ai suoi membri”. In particolare, egli ha sottolineato che “punire e prevenire la corruzione è la chiave per vincere o perdere il sostegno del popolo, per la vita e la morte del Partito”. E ancora: “La lotta contro la corruzione rimane seria e il compito è ancora arduo… La corruzione costerà al Partito il sostegno e la fiducia del popolo”.

Seppure stonato rispetto all’entusiasmo ufficiale sui 90 anni del Pcc, il discorso di Hu Jintao non è nuovo. Ogni anno lui e il suo premier Wen Jiabao predicano contro la corruzione e esigono ubbidienza alle regole interne, ma i risultati sono minimi. Un rapporto della Banca centrale di Cina, pubblicato alcune settimane fa, afferma che in meno di 20 anni almeno 18 mila cinesi dell’establishment sono fuggiti all’estero portando con loro circa 800 miliardi di yuan (pari a 87,24 miliardi di euro) guadagnati con la corruzione.

Il Pcc è stato fondato ufficialmente il 1° luglio 1921 da un gruppo di intellettuali. In realtà, la riunione fondativa è avvenuta il 23 luglio a Shanghai. Sotto la guida di mao Zedong, ha preso il potere nel 1949, dopo una lunga guerra civile con i nazionalisti di Chiang Kai-shek, e con l’aiuto di Stalin.

Nel ’58 Mao ha lanciato la campagna del Grande Balzo in avanti, per potenziare la produzione industriale, facendo abbandonare le campagne e producendo una carestia che ha portato alla morte fra i 35 e i 50 milioni di cinesi.

Dal 1966 al ’76 ha lanciato la crociata della Rivoluzione culturale, in cui milioni sono morti e decine di milioni sono stati incarcerati.

Dopo la morte di Mao, nel 1976, grazie a Deng Xiaoping, il Paese si è lanciato nelle modernizzazioni che lo ha portato ai successi economici attuali.

Il potere rimane nelle mani di un piccolo gruppo del Partito, che continua ad esercitare il pugno di ferro verso tutti coloro che dissentono, controllando media, polizia e l’esercito più grande del mondo.

Molti analisti cinesi e stranieri affermano che proprio la mancanza di riforme politiche e di democrazia ha generato la corruzione tanto condannata da Hu Jintao, oltre ad abusi, espropri illegali di terre, inquinamento e un crescente abisso fra ricchi e poveri.

In tutti questi decenni, la leadership ha sempre escluso una democrazia di tipo “occidentale”, ma non ha mai tentato strade alternative alla supremazia assoluta del Pcc.