Esercito ed economia, nuovi nemici della primavera egiziana
La popolazione è delusa dall’esercito. Ancora nessun processo per i funzionari responsabili degli oltre 900 uccisi nelle manifestazioni di piazza Tahrir. Le continue proteste dei giovani per un nuovo Egitto, unica speranza per il futuro del Paese in preda alla crisi economica.
Il Cairo (AsiaNews) – A circa sei mesi dalla caduta di Mubarak gli egiziani sono frustrati dal comportamento dell’esercito che si rifiuta di processare gli uomini dell’ex regime responsabili della morte di oltre 900 persone uccise negli scontri di Piazza Tahrir. Secondo fonti di AsiaNews, la grande protesta organizzata l’8 luglio scorso al Cairo, Alessandria e Suez è un segno che gli ideali nati con la rivoluzione dei gelsomini sono ancora vivi. “La popolazione – spiegano le fonti – vuole giustizia ed è stanca delle menzogne del governo”.

Per placare le tensioni, Essam Sharaf, Primo ministro egiziano, ha chiesto la sospensione degli ufficiali di polizia coinvolti negli scontri con i manifestanti di piazza Tahrir. A tutt'oggi solo un poliziotto è sotto processo e la scorsa settimana sette ufficiali sono stati rialsciati su cauzaione. Sharaf ha assicurato che velocizzerà i tempi della giustizia, ma anche sottolineato tolleranza zero contro nuove manifestazioni. Nonostante gli avvertimenti, oltre 50mila persone sono scese in piazza in questi giorni, protestando in modo pacifico e senza scontri con le forze dell’ordine, chiedendo ai militari di fare un passo indietro e di sospedere tutti i ministri coinvolti con il regime di Mubarak.  

Le fonti affermano che la lentezza nelle riforme e l'atteggiamento ambiguo hanno fatto perdere credibilità  al Consiglio supremo delle forze armate. La popolazione considera Mohammed Hoseyn Tantawi, capo dell’esercito e il suo Primo ministro troppo legati agli ex del regime. “La gente – continua la fonte - protesta per il lassismo del governo e dell’esercito, che subiscono le pressioni di coloro che vogliono salire al potere. I giovani di piazza Tahrir temono soprattutto il doppio gioco dei Fratelli musulmani, che sbandierano il loro sostegno alla costruzione di uno Stato laico solo per entrare nel futuro governo”.

Ad aumentare l’ira degli egiziani vi è la crisi economica dovuta all’instabilità politica del Paese. In un pochi mesi il salario medio si è ridotto di oltre 20%, ma in alcuni settori ha toccato punte dell’80%. “Il turismo – raccontano le fonti - si è ormai dimezzato e le società straniere stanno cancellando i loro investimenti. Inoltre gli Stati Uniti e gli altri Stati occidentali guardano solo ai loro interessi economici e non sostengono la rivoluzione”.

“Tuttavia – continuano le fonti – sorprende come in questo clima gli egiziani, soprattutto i giovani, stiano combattendo ogni giorno per dare un nuovo volto all’Egitto. Ciò è un segno di speranza per il futuro del Paese”. (S.C.)