Washington, un altro diplomatico birmano chiede asilo politico
E' il Primo Segretario dell’ambasciata birmana negli Usa. Gli era stato ordinato di tornare subito in patria. Un suo collega lo ha fatto 10 giorni fa. Esperti: senza speranza di libertà e democrazia in Myanmar, sempre più funzionari fuggiranno via.
Washington (AsiaNews/Agenzie) – Soe Aung, Primo segretario dell’ambasciata del Myanmar a Washington, ha espresso ieri al Dipartimento di Stato Usa “il desiderio di ottenere asilo politico negli Stati Uniti”. Il governo del Myanmar è spesso accusato di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui omicidi, torture, rapimenti, lavoro coatto e uso di soldati-bambini. Dopo che le recenti elezioni politiche non hanno portato veri cambiamenti, alti funzionari all’estero stanno perdendo la speranza di cambiamenti e hanno deciso di non tornare.

Soe Aung è un diplomatico di carriera che è già stato in Svizzera, Thailandia e a Singapore; dal 2008 è a Washington. Aung Din, direttore esecutivo della ong Campagna per la Birmania, ha spiegato all’agenzia Radio Free Asia che il giorno prima, 12 luglio, il diplomatico aveva ricevuto ordine di rientrare in Myanmar entro 24 ore, insieme alla famiglia, per una “possibile indagine”.

Aung collega l’ordine alla defezione del diplomatico Kyaw Win, vececapo dell’ambasciata birmana negli Usa, che il 4 luglio in una lettera al capo del Dipartimento di Stato Usa, Hillary Clinton, ha pure chiesto asilo politico spiegando che i suoi sforzi per ottenere riforme politiche erano stati disattesi dal governo di Yangoon e che temeva di essere processato al ritorno a casa. Questo ha portato grande allarme nel ministero birmano per gli Affari esteri e sono iniziati accertamenti, che avrebbero potuto portare a una punizione di Soe Aung per non avere prevenuto la diserzione.

“E’ possibile – conclude Aung Din – che ci siano altre defezioni dei diplomatici del regime. Molti diplomatici stanno perdendo la speranza che nel loro Paese ci siano libertà, giustizia e democrazia e non vogliono servire sotto un regime militare camuffato come un governo civile eletto, né vogliono difendere il regime di fronte alla comunità internazionale”.