Vescovo dell'Orissa: Tre anni dopo i pogrom, i cristiani vivono nel terrore
di Nirmala Carvalho
L’arcivescovo emerito di Cuttack-Bhubaneswar, Raphael Cheenath, lamenta la mancanza di giustizia, l’assenza dello Stato e il clima di intimidazione contro i cristiani. La violenza indù ha portato alla distruzione di 300 chiese, all’incendio di più di 5600 abitazioni e alla fuga di oltre 56mila cristiani.
Bhubaneshwar  (AsiaNews) - Tre anni fa nel distretto di Kandhamal, in Orissa, i cristiani sono stati vittime di violenze senza precedenti da parte dei radicali indù. La situazione è lontana dalla normalità, come spiega mons. Raphael Cheenath, all'epoca arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar.  E come si può capire dall’episodio di un viallaggio, Betticola, da cui i cristiani sono stati costretti a fuggire. La parrocchia e la chiesa cattolica di Betticola sono state distrutte. I cristiani del posto, dopo essere stati spostati in cinque diversi campi profughi hanno avuto dai radicali indù del Sangha Parivar il permesso di tornare a Betticola, ma come indù; cioè riconvertendosi. E l’amministrazione statale, che avrebbe dovuto ricostruire chiesa e parrocchia, sostiene di aver dato ai profughi tutto quello che chiedevano.

“La libertà religiosa manca ancora a Kandhamal, il regno del terrore, anche se limitato, continua”: così l’’arcivescovo emerito di Cuttack-Bhubaneshwar, Rapahel Cheenath descrive la situazione nell’Orissa, a tre anni dai pogrom sanguinosi contro i cristiani, ingiustamente accusati dai radicali indù dell’assassinio di un leader indù. Il 23 agosto 2008 circa 30 uomini armati sono entrati nell’Ashram Jalespta, a Kandhamal, e hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco lo swami Laxamanananda Saraswati e quattro dei suoi seguaci. La processione funeraria di swami Laksamandanda si svolse in due giorni, per oltre 250 km, fermandosi davanti a chiese e case di cristiani. La violenza indù ha portato alla distruzione di 300 chiese, all’incendio di più di 5600 abitazioni e alla fuga di oltre 56mila cristiani. Una suora e altre due donne sono state violentate e molte molestate. Questo nonostante che i responsabili del crimine non fossero cristiani, ma maoisti. »(11/05/2011 12:51 Pogrom in Orissa, la polizia scagiona i cristiani per la morte dello swami indù).

Raphael Cheenath non è più arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, ma la situazione ai suoi occhi appare ancora molto grave. “La libertà religiosa manca ancora a Kandhamal, il regno del terrore anche se limitato continua, i rimborsi sono grandemente inadeguati, o trascurabili, e il nostro popolo non ha giustizia. Ci sono numerosi tentativi di criminalizzare le vittime e purtroppo si teme un ritorno delle violenze. La nostra gente ha sperimentato l’incapacità dell’Amministrazione nel proteggere chi è sotto la minaccia di distruzione. La paura e l’intimidazione continuano, e la giustizia è ancora una realtà distante”.

Mons. Cheenath descrive così la situazione attuale: “Mentre ancora 25mila persone sono tornate alle loro case e si sono riposizionate fisicamente. Il loro trauma è ancora vivo e le loro ferite non sono ancora guarite. E incidenti sporadici, e la violenza contro il nostro popolo aumenta la loro vulnerabilità, e la paura. In dieci villaggi la gente non può tornare alle sue case e il nostro popolo trova ostilità, e la paura è il suo costante compagno”. E continua: “Fino a quando i cristiani del Kandhamal non verranno risarciti come meritano, fino a quando le chiese e gli altri edifici non saranno ricostruiti e i colpevoli puniti, non ci sarà giustizia”.

Qualche giorno fa la Corte suprema dell’India ha chiesto al governo dell’Orissa di spiegare quella che la Chiesa definisce una gestione scadente degli sforzi di aiuto e riabilitazione per le vittime delle violenze di Kandhamal. “Avete molte cose da spiegare” ha detto la corte di tre giudici guidata dal Giudice capo S H Kapadia, dopo aver ascoltato la deposizione dell’arcivescovo Cheenath. Il governo dell’Orissa ha due settimane di tempo per rispondere. Nella sua petizione, l’arcivescovo Cheenath elenca 17 casi di compenso inadeguato e arbitrario per le vittime del dicembre 2007 e dell’agosto 2008. La petizione fa riferimento anche a un’indagine condotta dalla Commissione giustizia, pace e sviluppo, che rivelava che 246 famiglie non erano state considerate degne di un rimborso. E attira l’attenzione su altri fattori negativi: mancanza di assistenza medica, l’impatto negativo della situazione sull’istruzione dei bambini e la scarsa assistenza alle vedove.

“Anche il caso di suor Meena, violentata durante i pogrom è causa di frustrazione per la lentezza della giustizia. E l’alto numero di persone scagionate, e i pochi trovati colpevoli dimostrano che non c’è giustizia per il nostro popolo. Con un’impunità così ampia non ci sarà riconciliazione, né pace. Gli aggressori restano liberi e si muovono impunemente, mentre le vittime sono ulteriormente perseguitate proprio dalle istituzioni che dovrebbero proteggerle”, denuncia mons. Cheenath. L’arcivescovo ricorda alcune note positive: che la Chiesa cattolica ha completato la ricostruzione di più di tremila case, e che altre quattromila saranno completate entro l’anno. “Ma il problema è ben lontano dall’essere risolto”. Anche Sajan K George, presidente del Global council of Indian Christians(Gcic) lamenta la mancanza di difesa dei cristiani a Kandhamal, e chiede un’inchiesta nei confronti delle autorità del distretto, accusandole di coinvolgimento nei crimini commessi contro i cristiani.